Omelia per il Giubileo della vita consacrata – 2016

Basilica Cattedrale
31-01-2016

GIUBILEO DELLA VITA CONSACRATA
Basilica Cattedrale, 31 gennaio 2016
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Omelia del Vescovo

La pace sia con voi, sorelle e fratelli nel sacerdozio battesimale, anche con voi confratelli nel ministero episcopale, presbiterale e diaconale.
È una bella sensazione quella che si prova vedendoci qui riuniti.
Vedo innanzitutto uomini e donne, con la loro storia umana, con gli anni e i percorsi che li caratterizzano e rendono ognuno di noi diverso dall’altro, perché singolare di fronte a Dio, penso agli affetti, ai sogni, alle disillusioni che accompagnano la maturazione. La vostra presenza è già per questo un segno bello per il quale ringraziamo Dio e lo facciamo gli uni per gli altri.
Siete anche testimoni di una vocazione carismatica che rende ciascuno ricchezza della Chiesa, in forza della vostra diversità e complementarietà.
Siete qui anche come portatori di carismi comunitari confluiti in istituti, congregazioni, società, comunità che hanno messo a disposizione della Chiesa e del Regno di Dio impegno e lavoro.
Tutto questo è portato oggi come dono e offerta alla Chiesa, da me presieduta per garantire la comunione con tutte le altre Chiese del mondo: con la Chiesa il vostro patrimonio spirituale viene consegnato a Dio, il Padre di ogni misericordia, tramite il Signore Gesù, vivente e presente in mezzo a noi.
Grazie, dunque, a ciascuno di voi che rendete possibile questa liturgia che non si distingue dalla nostra vita, e grazie al Signore che ha ispirato questo evento di lode e di Grazia.
Ai piedi del Signore poniamo questo pellegrinaggio perché sia da Lui offerto al mondo: da Lui venga collocato come luce e dentro il mondo come sale, secondo i suoi disegni e i suoi tempi.
La misericordia del Signore è annunciata, oggi, anche per ciascuno di noi. Noi abbiamo attraversato la Porta Santa, segno del cuore misericordioso del Padre, segno di Gesù che è la porta, segno di Gesù che è buon Pastore che ci prende sulle spalle e ci aiuta a camminare e ad attraversare questa porta anche se feriti e stanchi.
Sicuri della misericordia del Padre e della mediazione e del sostegno di Gesù, nostro fratello e Signore, non temiamo di confessare i nostri peccati, né di riconsegnare la nostra vita, né di proclamare la nostra fede.
I nostri peccati sono quelli personali, quelli che si manifestano nelle difficili relazioni fraterne all’interno delle nostre comunità, quelli legati ai tradimenti dei nostri impegni di povertà, castità e obbedienza, quelli legati all’indebolirsi del nostro fervore e amore iniziale, ma sono anche i peccati delle nostre comunità e istituzioni, come il rischio di conservare le cose e le case e non lo Spirito, oppure di sacrificare persone e carismi per difendere le istituzioni, o di non saperci rinnovare giorno dopo giorno per fedeltà al Signore e al suo Vangelo.
Sono nostri peccati anche quelli sociali e culturali, condivisi con la nostra società. Come quando siamo raggiunti da logiche mondane nell’uso del denaro e delle proprietà, nei giudizi e valutazioni circa l’accoglienza di poveri e profughi, nel trascurare la necessaria trasparenza, legalità, giustizia nel nostro operare.
Certo il mondo, con le sue logiche, è come l’acqua: con il tempo penetra ovunque trovando vie all’apparenza inaccessibili, scavando rocce con semplici gocce, risalendo i muri sotto forma di umidità, insinuandosi dove nemmeno c’è il sospetto che possa penetrare.

Allora, grazie Signore per la tua misericordia, il passaggio dentro il tuo cuore, l’immersione in questa celebrazione sia per noi un nuovo bagno battesimale, ci rinnovi, ci purifichi, ci lavi.
Di fronte a questa tua opera – sì perché in questa come in ogni liturgia sei Tu ad operare – osiamo sperare non solo il perdono ma una rinnovata giovinezza.
Invochiamo, dunque, insieme, fratelli e sorelle, uniti dal comune desiderio di essere cristiani secondo la nostra vocazione, invochiamo insieme un nuovo dono dello Spirito. Noi siamo segno di una Chiesa carismatica. I nostri carismi assistenziali, educativi, missionari, contemplativi hanno dato tanti frutti nel passato. Molti frutti sono ancora, oggi, buoni e disponibili. Ma non possiamo nascondere il modificarsi veloce delle modalità di attuazione con il modificarsi delle esigenze del nostro territorio, del nostro mondo. Diminuiscono i numeri delle adesioni, si indeboliscono le nostre forze umane. Nella fedeltà alla nostra vocazione ci chiediamo come essere fedeli oggi al nostro carisma.
Non ci raggiungano tristezza, rassegnazione, sconforto. Resti invece il sorriso sui nostri volti e nei nostri sguardi perché proprio oggi celebriamo la misericordia del Signore, e la sua misericordia non ha limiti.
Piuttosto, forti di questa celebrazione, rinnoviamo la nostra fede e riconsegniamo la nostra vita, tutto della nostra vita, a Dio, alla Chiesa, agli uomini e donne che il Signore ama partendo dai più deboli e dai più poveri. È un momento di grazia, rinnoviamo la nostra dedizione.
Povertà, castità, obbedienza, vita fraterna sono solo segno di una donazione totale della nostra vita per il realizzarsi del Regno, alla quale ancora siamo chiamati.

Riascoltiamo, ora, come nostre le parole di Geremia:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi
,
– e penso che questo ‘stringersi la veste ai fianchi’ significhi: ‘facciamo presto’-
àlzati e di loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata
» (Ger 1,5.17-18)

È per noi, proprio per noi anche il salmo con il quale abbiamo pregato:
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! (Sal 70)
Ma tutto il salmo è bello allo stesso modo e adatto per noi

E poi la strada migliore di tutte, il carisma della carità, dell’agape, annunciato nella seconda lettura che si concludeva dicendo:
Ora dunque rimangono tre cose: la fede, la speranza e la carità.
Ma la più grande di tutte è la carità! (1Cor 13,13)

Nei nostri cuori, nelle nostre comunità, nei nostri istituti di vita consacrata e di vita apostolica resti sempre la carità! Fino al punto di morire amando con l’amore con cui noi stessi sappiamo di essere amati dal Signore. Questa la nostra bellezza! Questo è ciò che siamo chiamati a vivere in memoria di Gesù. «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Questo è il Giubileo.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, in mezzo a tutte le difficoltà, quasi per insegnare anche a noi e per anticiparci, si diceva che «Egli passando in mezzo a loro si mise in cammino» (Lc 4,30). Anche noi, passando in mezzo a tutte le nostre difficoltà, con la forza della carità che ci ha raggiunto, continuiamo la nostra strada.
Maria, madre del Signore sia nostra guida.
Amen.

31 gennaio 2016

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