Dopo tanta solennità, ma era quella dovuta al Signore, il nostro servizio ecclesiale è servizio alla Parola, perché la presenza del Signore possa calarsi proprio dentro la nostra vita.
Avvicinandosi il momento della chiusura della Porta Santa nella nostra Diocesi di Padova, sono passati, allo stesso modo, nella mia mente tante immagini: terremotati, naufragi con elenchi di morti impressionanti, testimonianze di guerre – qualcuno è venuto a parlarne anche qui da noi -, masse e popoli in fuga dalla fame, dalla sopraffazione, dalla morte sicura, dalle ingiustizie, dalle sperequazioni. In questi giorni di chiusura del giubileo, notizie di illegalità e di disonestà, chiusure e barriere innalzate per interessi di parte, fallimenti e tante famiglie in difficoltà, ma anche, passando in mezzo alle nostre comunità, la richiesta di una preghiera rivolta da tanti per un bambino ammalato, per situazioni che sembrano impossibili da sopportare e da portare con la propria forza umana. A me è venuta spontanea, in conclusione, questa domanda: «Dov’è la misericordia di Dio? Dove l’abbiamo vista, sperimentata, incontrata in questo anno?
Abbiamo attraversato in più occasioni la Porta Santa della misericordia, ma tanti di noi, forse, si sono persi di fronte al peso di queste sofferenze e di questo male che ci raggiunge da ogni parte e che ci interroga circa la misericordia di Dio. In particolare, penso ai ragazzi e ai giovani: qualcuno di loro si è perso forse perché non ha visto com’è credibile il nostro annuncio. Penso alle famiglie troppo frequentemente in difficoltà, a chi ha vissuto personalmente, direttamente sulla propria carne qualcuna di queste fragilità, di queste povertà a cui ho fatto riferimento, ma che sono sotto gli occhi di tutti.
Penso che quelli che si sono persi possano in qualche modo rappresentare i piccoli di cui parla il Vangelo e di cui il Vangelo dice: «Chi scandalizza uno solo di questi piccoli sarebbe meglio per lui che gli fosse appeso al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18,6). Ecco, sono i piccoli, i deboli, gli ultimi di cui Gesù si fa carico. La Chiesa, proprio noi con la chiamata personale che ci è stata rivolta, la Chiesa nelle sue articolazioni, nelle sue comunità cristiane distribuite nel nostro territorio, ha il difficile compito di tenere viva la speranza, di continuare ad alimentare la fiamma della fede in Dio e nella sua misericordia. Di questo, la nostra comunità è debitrice al mondo e ai piccoli.
Dio, e lo dobbiamo annunciare, ci vuole bene, Dio vuole bene ad ogni uomo e donna, vuole bene soprattutto ai più deboli, ai piccoli, e ci chiama a raccolta, noi suoi discepoli, perché possiamo annunciare il suo amore con fedeltà, come contrasto a tutto il male di cui noi abbiamo esperienza. C’è, nella misericordia di Dio, un aspetto che penso sia all’origine di tutte le altre considerazioni, di tutti gli altri arricchimenti, e che è annunciato nel Vangelo di oggi e che è anche preannunciato in quella bella prima lettura dei Maccabei. Un volto della misericordia di Dio è quello della risurrezione di Gesù. Nella prima lettura, quei sette fratelli accettano la morte, le torture da parte dell’uomo per non allontanarsi da Dio, perché in Dio c’è la speranza di essere da Lui di nuovo risuscitati, e nel Vangelo, Gesù annuncia la sua fede nella risurrezione, con questa fede Gesù affronterà il suo martirio. La luce della risurrezione di Gesù, con il suo carico di speranza, un annuncio che risplende nella gravità della morte di Gesù, questo annuncio, con la sua speranza, si spande sulla nostra vita, anche sulle nostre fatiche, anche sulle nostre disgrazie. Questa luce riguarda la misericordia di Dio che non abbandona nemmeno nel naufragio e nemmeno nel terremoto, che ci è vicina nella malattia, nelle ingiustizie subite, che ci è vicina perfino nella morte, anzi, proprio lì Egli si mostra per noi credenti áncora di salvezza, rifugio, roccia a cui possiamo aggrapparci.
Per grazia siamo qui insieme, uniti; anche quando celebriamo nelle nostre parrocchie sparse da Asiago o a Valli di Chioggia, in Città, nel nostro ampio territorio, noi abbiamo un cuore solo e un’anima sola, insieme, tutti noi, custodiamo l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio, insieme difendiamo la nostra fede da tutte le tentazioni, solo insieme ci spingiamo addirittura ad annunciare l’amore di Dio dove sembrerebbe mancarne qualsiasi segno.
Così, come Gesù ci parla nel Vangelo e come da venti secoli ci tramandiamo di generazione in generazione, noi annunciamo a tutti, in ogni circostanza, a ognuno e a tutta la persona, a tutto l’uomo, a tutta la sua storia, la misericordia di Dio.
Anzi, insieme, noi siamo l’annuncio, siamo il Vangelo.
Siamo stati in carcere, siamo stati tra i profughi, siamo stati tra gli immigrati, alle cucine popolari, tra le famiglie in difficoltà, siamo stati tra gli ammalati, gli anziani, i portatori di handicap, siamo stati in Africa, in Asia e in America: non è la descrizione di quanto ho fatto io, ma di quello che sta facendo la nostra Chiesa, e tutto questo come Chiesa unita.
Possiamo essere più precisi. In questa occasione in cui chiudiamo l’anno della misericordia, la nostra Chiesa ha dato da mangiare agli affamati, ha sepolto morti, ha visitato carcerati, ha alloggiato e ospitato, ha visitato gli ammalati, ha dato vestiti e dignità, ha offerto acqua e senso alla vita, nelle nostre comunità, per piccole e sperdute che siano, abbiamo consigliato i dubbiosi, abbiamo insegnato, abbiamo annunciato, abbiamo ammonito chi sbagliava, consolato di afflitti, abbiamo perdonato, abbiamo sopportato chi era molesto e abbiamo pregato per i nostri fratelli vivi e defunti. Tutto questo l’ha vissuto la nostra Comunità, la nostra forza è la comunione che ci unisce a Dio, è la comunione che ci unisce nella fede al figlio suo Gesù e al suo Vangelo, la nostra forza è la comunione che ci è donata reciprocamente, che è tra noi. È questa la forza che ci permette di custodire la fede nella misericordia infinita di Dio pur in mezzo a tante contraddizioni.
Oggi, a conclusione dell’anno giubilare, la Chiesa di Padova celebra comunitariamente la fede nella misericordia, nonostante tutto, nonostante quanto la storia ci riferisce tramite i suoi mezzi di comunicazione e ricorda quando lei stessa ha ricevuto da Dio e quanto ha ricevuto e quanto ha dato.
Una parola, vorrei ancora sottolineare, descrive la misericordia di Dio e diventa strada maestra per noi, una parola che è da sempre, ma che sembra a me importante sottolineare oggi, soprattutto per il nostro futuro: l’amore di Dio è gratuito, la gratuità è il frutto maturo di questo anno, Dio ci vuole bene gratuitamente, non chiede un contraccambio per poter effondere su di noi il suo amore, l’amore del suo cuore, ci ama senza che noi lo meritiamo. Forse è questo che, anche quando sono stato in carcere, ho percepito in modo più chiaro, perché Dio ama anche i carcerati; è Lui, Dio, che ci vuole bene perché è infinitamente buono, il suo nome è amore, ci ama e ci ha liberati dalla morte portandoci già nella vita divina che non verrà tolta mai a nessuno, ci ama, e anche noi dobbiamo guardare alla gratuità di Dio come strada per ripensare il nostro cammino e il nostro annuncio di Dio, l’amore gratuito di Dio lo annunciamo in modo gratuito. Non guardiamo allo scambio, non guardiamo al ritorno, «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Così penso allo stile della nostra carità qui e oggi, arricchita di gratuità, che è sempre più da scoprire.
La fede nella misericordia di Dio custodita da tutti noi insieme, connotata da gratuità, ha bisogno di essere sempre annunciata.
Chiudiamo la Porta Santa della Cattedrale e apriamo quella, che sarà ancora più bella perché più vera e perché più legata alla nostra vita, della nostra vita di Chiesa diocesana, di parrocchie, di famiglie, di cristiani, è la porta della carità, la carità effusa da Dio nei nostri cuori, che ci sprona ad avere per gli altri la stessa misericordia che Dio ha per noi.
Il segno della Chiesa diocesana sarà un importante appartamento, secondo le valutazioni commerciali, di cui tra poco consegnerò le chiavi perché sia a disposizione dei poveri, ma quanta gratuità dobbiamo ancora maturare, far crescere dentro il nostro cuore, dentro il cuore delle nostre famiglie, dentro le nostre comunità. Sì, ho rovesciato l’ordine, il nostro cuore personale, quello delle nostre famiglie, delle nostre comunità: questo gesto che compiamo tutti, tutti insieme, non è il mio, è quello di tutti, di tutti noi, perché possa parlare a tutti noi e possa essere di sprone per un cuore nuovo, perché possiamo aiutare i più piccoli a non scandalizzarsi di fronte alle tante tragedie che nella vita vengono attraversate.
Ti ringraziamo, Padre, di essere la nostra forza, di raggiungerci con la tua parola di salvezza, di introdurci nella parte della tua misericordia, di educarci alla comunione e alla gratuità.
+ Claudio Cipolla