Consacrazione nell’Ordo Virginum di Barbara Anselmi e Lorella Fracassa 2021

Padova, basilica di Santa Giustina
07-10-2021

CONSACRAZIONE NELL’ORDO VIRGINUM DI BARBARA ANSELMI E LORELLA FRACASSA

7 ottobre 2021 – Basilica di Santa Giustina, Padova

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Omelia

Partiamo con una confidenza: mi piacerebbe tanto che questa festa di santa Giustina fosse l’occasione, da parte della Chiesa, per ringraziare tutte le donne cristiane, un’occasione in cui ci raduniamo attorno a una donna che ha dedicato tutta la sua vita al Signore e, a sedici anni, è stata martirizzata a causa del Vangelo. Cogliamo questa occasione per arricchirci della presenza delle donne nelle nostre comunità e anche nella nostra società e come una delle strade che arricchiscono il nostro cammino di discepolato.

Oggi celebriamo la festa di santa Giustina, vergine e martire e, potremmo dire, in suo onore ci presentiamo al Signore come chiesa diocesana – questo è dato dalla presenza del vescovo, di tanti presbiteri e diaconi e di tutti voi cristiani – insieme a Barbara e Lorella che si presentano al Signore per offrirsi a Lui con tutte se stesse e, in questo modo, consacrano la loro vita. Quello che compiamo è un atto ecclesiale, non privato, per questo siamo tutti qui in questa occasione solenne, e ci collochiamo in una logica molto bella che è quella del dono.

Partiamo dalla nostra fede: sarebbe interessante se avessimo occasione di fare un momento di silenzio e interrogarci sull’esperienza di amore del Signore che ciascuno di noi ha sperimentato nella sua vita. Questo è infatti il nostro punto di partenza: il Signore ci ha donato il suo amore, la sua misericordia o, detto come siamo abituati nelle nostre case, ci ha voluto e ci vuole bene. Riconosciamo quindi i segni del suo amore gratuito innanzitutto nei doni della creazione – gli animali, le piante, le montagne, i mari, i fiumi – ce lo ha insegnato san Francesco nel suo bellissimo inno alla creazione ma anche la testimonianza della Sacra Scrittura.

Riconosciamo i segni del suo amore nella nostra vita umana: pensiamo ai doni che il Signore ci ha fatto rendendoci capaci di intelligenza, di relazione, di amore, di libertà, quello bellissimo di essere uomini e donne. E sono così tanti i segni di questo amore che ci fanno chiedere: perché ha voluto bene proprio a me? Perché io sono al mondo? Non c’è un motivo che dipenda da noi, non lo abbiamo meritato, è appunto un dono gratuito. Noi ci accorgiamo della bellezza di quanto abbiamo ricevuto e di quanto sia grande l’amore del Signore, quando ne siamo privati… Quando siamo privati di qualche cosa allora ci accorgiamo di quanto fosse bella; quando abbiamo problemi con la vista allora ci accorgiamo di quanto sia importante la vista, quando abbiamo problemi con un ginocchio ci accorgiamo che anche il ginocchio è importante, delicato, studiato, bellissimo. E quindi la lode del Signore che ci viene proposta dalla Chiesa ogni giorno con la celebrazione delle Lodi mattutine è un’esperienza che ci educa a riconoscere il suo amore; c’è un salmo che dice: «È bello cantare al mattino il tuo amore» (Sal 91,2s.). Noi nasciamo da qui, dalla consapevolezza che il Signore ci ha voluto e ci vuole bene. Se la fede coglie attorno a sé nella creazione, nella storia personale, anche nella storia del mondo, i segni dell’amore del Padre, se li percepiamo con il cuore, allora ci sentiamo interpellati, non si tratta soltanto di una teoria, questo amore è rivolto a me e a noi tutti insieme.

Se siamo interpellati, vuol dire che si attende una risposta che abbia la stessa melodia della proposta. Se siamo amati, se ci accorgiamo che il Signore ci ha voluto bene, allora dobbiamo rispondergli con il nostro amore. Le cose vengono dopo. La nostra risposta deve essere generosa tanto quanto abbiamo percepito grande il suo amore: grande è l’amore scoperto, riconosciuto, visto, sperimentato, allora grande può essere la nostra risposta.

La vita della Chiesa, la vita dei discepoli di Gesù, sia la risposta all’amore del Signore. Tutta la nostra vita è fatta di piccole cose, di piccoli gesti che presi uno per uno non danno ragione del loro significato, ma visti nel loro insieme, in uno sguardo più ampio, acquistano il loro senso ed esprimono la risposta all’amore del Signore.

Lorella e Barbara si offrono al Signore questa sera come sue spose; con un legame stabile, permanente, totale e fedele, disponibile alla buona e alla cattiva sorte. In questo senso noi abbiamo bisogno di avere dei modelli nelle nostre famiglie. Non sempre dobbiamo insegnare agli altri, tantissime volte abbiamo bisogno di imparare. Quella di Lorella e Barbara è una risposta di amore, non un’acquisizione di impegni o di regole. Possono esserci anche gli impegni, ma non sono quelli che danno senso a una vita che viene presentata al Signore come dono in risposta al suo amore. La fedeltà è all’amore del Padre, quell’amore di cui ci ha parlato Gesù, che ci viene raccontato nei vangeli ma anche nella vita della Chiesa, quell’amore che lo Spirito Santo rende accessibile, toccabile, sperimentabile per tutti noi, oggi. Ricordiamo che tutta la Chiesa nasce dall’amore ed è chiamata all’amore. Spesso deve chiedere perdono e così sperimentare ancora una volta l’amore del Signore. Abbiamo tanti esempi, non parliamo di un fatto straordinario. Il primo esempio è quello di Maria, la Vergine Madre.

Barbara e Lorella entrano a far parte dell’Ordo virginum, del gruppo delle vergini, e hanno quindi in Maria un modello, un riferimento per il loro percorso, un’icona massima certo, irraggiungibile per tutti noi, ma che rimane il nostro punto di riferimento, tanto che Maria non è soltanto immagine di una donna, ma è immagine della Chiesa, di una comunità che è vergine e madre.

Giustina è vergine e martire, e insieme con lei ci sono tutte le altre donne e uomini che si sono donati completamente al Signore: la nostra Chiesa, così antica, è ricca di queste testimonianze. Ma per parlare solo di donne, abbiamo: Lucrezia Bellini (la beata Eustochio), Giovanna Maria Bonomi, Elena Enselmini, Beatrice d’Este, Liduina Meneguzzi, Cristina Cella Mocellin, che è appena stata riconosciuta dentro questo percorso, madre che appartiene al Signore. Sono tante le donne di cui la nostra Chiesa è ricca. Guardando in particolare a Maria, ma anche alla scelta di tante altre donne, percepiamo un particolare che vorrei sottolineare: la verginità come segno. Non un segno morale, ma il segno che Dio continua a intervenire, a operare meraviglie: la verginità di Maria ha permesso a Dio di farsi uomo. Gesù non è figlio nostro ma è nato da Maria vergine. In questo modo Gesù è figlio di Dio e figlio nostro. Noi non saremmo mai stati in grado di generare Gesù, il figlio di Dio. La verginità crea una discontinuità tra quello che possiamo fare noi e quello che possiamo ricevere dal Signore come dono.

Un altro aspetto: la Chiesa vive della verginità, cioè degli interventi di Dio, di quello che Lui può compiere. Noi ci presentiamo soltanto come disponibilità, come segno di questo intervento che il Signore continua a operare, e noi lo crediamo perché ci vuole bene e noi ci affidiamo a Lui. Anche la scelta di Barbara e Lorella di far parte del nostro Ordo virginum – siamo ancora all’inizio certamente e ci sono ancora tante cose da approfondire – si inscrive in questo segno, di cui la Chiesa ha bisogno, il segno di essere accompagnati da Dio, dalla sua capacità di intervenire, di lavorare dove noi restiamo passivi, non siamo in grado, non arriviamo. Diventa perciò segno della Chiesa e per la Chiesa.

Siamo all’inizio di un tempo in cui ho convocato un Sinodo nella nostra diocesi. Il Sinodo non è un’operazione nostra e abbiamo bisogno che ci presentiamo con la nostra verginità.

La celebrazione di questa sera è da riconoscere come un segno per il nostro cammino, e chiediamo che il Signore intervenga, che sia Lui a portare frutto, a farci quei doni che noi non sappiamo produrre con le nostre forze, con le nostre energie ma che riceviamo: noi mettiamo a disposizione quello che abbiamo, un po’ di pane e un po’ di vino, un po’ della nostra vita umana, il resto lo riceviamo da Dio.

+ Claudio Cipolla, vescovo

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