Festa delle genti nell'Epifania del Signore

Nell'Epifania del Signore al Tempio della Pace di Padova il vescovo Claudio ha celebrato l'Eucaristia con le comunica cattoliche di altra madrelingua. Secondo un'ormai consolidata tradizione, infatti, la Pastorale dei Migranti organizza e coordina in questa solennità la Festa delle genti.
Un'occasione in cui tutti insieme – ucraini, africani anglofoni e francofoni, cinesi, croati, filippini, polacchi, indiani, romeni greco-cattolici e di rito latino, ispano-americani, srilankesi e italiani – animano la celebrazione eucaristica, chi con canti, chi con l'offertorio, chi con le preghiere dei fedeli, nel segno che alla mensa del Signore ogni diversità si fa comunione.
In questa occasione il vescovo Claudio Cipolla ha voluto dare il tono dell'«incontro di famiglia», la famiglia dei credenti in Gesù, sottolineando il tema della fratellanza che supera le diversità di provenienza, etnia, cultura: «Siamo tra noi tutti fratelli e sorelle. Ci vogliamo bene perché sediamo attorno alla stessa mensa preparata per noi dal Signore», e attorno alla mensa «prima di ogni diversità vediamo, approfondiamo e godiamo la nostra unità e la nostra comunione». E se essere fratelli non esclude le difficoltà e il rischio di divisioni; essere cristiani invita a superare le separazioni e vincere le tentazioni insite nella debolezza umana, quella debolezza per cui Dio stesso «ha voluto farsi nostro compagno e fratello: uno di noi, pellegrino e viandante, profugo in Egitto, per vivere con noi e sostenere il nostro cammino». Dio ha voluto farsi fratello dell'uomo e i magi si sono messi in cammino per vedere questa meraviglia: «uno spettacolo che sorprende tutti i popoli». 
 
Le comunità cattoliche di altra madrelingua hanno ringraziato il vescovo Claudio e don Elia Ferro (Pastorale dei Migranti) per questa possibilità di celebrare insieme e sentirsi tutti figli, uniti allo stesso altare, e in particolare hanno espresso vivo ringraziamento al vescovo per il vigore, l'incoraggiamento e la testimonianza. 
La celebrazione si è conclusa con il canto “Venite fedeli” che accomuna le diverse comunità, quindi tutti insieme nel cortile del centro parrocchiale per un momento di condivisione con piatti tipici delle diverse culture.
 
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Di seguito l'omelia del vescovo Claudio:
 

Sono molto contento di questa celebrazione, è la manifestazione di qualcosa di molto importante. Vorrei trasformare questo incontro, che ha anche dimensione piuttosto pubblica, in un incontro di famiglia. Perché questa è la famiglia dei credenti in Gesù: una famiglia nuova che nasce non dal sangue ma dall’opera di Gesù e del suo Spirito, dalla sua presenza fedele in mezzo a noi.  Egli ha fatto di tutte le nazioni un solo popolo nuovo che ha come fine il regno di Dio, come condizione la libertà dei figli di Dio, come statuto il precetto dell’amore.

Guardandoci in faccia ci vediamo tutti molto diversi, diversi per provenienza, per etnia, per cultura…ma siamo tra noi tutti fratelli e sorelle. Ci vogliamo bene perché sediamo attorno alla stessa mensa preparata per noi dal Signore. Anzi, se qualcuno tra noi si fosse perso, la viva come festa che Dio e la Chiesa hanno preparato soprattutto per lui. È la festa del ritorno a casa dove ad attenderlo c’è il Padre misericordioso e il banchetto con il vitello grasso. Per questo, attorno a questa mensa, prima di ogni diversità vediamo, approfondiamo e godiamo la nostra unità e la nostra comunione.

La liturgia ci mette sulle labbra ripetutamente la parola: “fratelli”. È la definizione della nostra identità: fratelli e sorelle! È questa la gioia del Padre misericordioso: che i fratelli, suoi figli, si vogliano bene tra loro.

Questa identità non è una nostra scelta: ci è consegnata come dono e come responsabilità da Gesù stesso.

Da sempre qualcosa si insinua nelle relazioni di fraternità, fin dal tempo di Caino ed Abele, ma Dio non ha smesso di offrirci stima e fiducia chiedendoci di vincere tutte le separazioni, di superarle come tentazioni insite nella nostra debolezza umana.  Debolezza così incontrollabile, a volte, che lui stesso ha voluto farsi nostro compagno e fratello: uno di noi, pellegrino e viandante, profugo in Egitto per vivere con noi, Lui, l'Emmanuele, e sostenere il nostro cammino.

I Magi stessi si mettono in cammino per vedere questa meraviglia: Dio che si fa fratello dell’uomo. Uno spettacolo che sorprende tutti i popoli.

E per custodire questa fraternità Egli stesso costruisce una piccola comunità di discepoli indicando nell’amore fraterno la possibilità che il suo Vangelo sia accolto e creduto dice Gesù:  «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri».

I discepoli di Gesù sono tra loro fratelli e sorelle. E sono posti nel mondo come luce del mondo, e come sale che dà sapore: è l’amore fraterno, ricevuto dalla pasqua di Gesù, che ci trasforma progressivamente fino a diventare nella convivenza umana ciò che già siamo nella vita spirituale e che la santa e divina liturgia rende manifesto.

La nostra fraternità cristiana diventa profezia, segno e strumento di una umanità riconciliata: segno e strumento di una riconciliazione che riteniamo desiderabile per tutti gli uomini e le donne.  

Così noi lavoriamo perché tutti e tutto il mondo viva nella pace.

Carissime e carissimi cristiani provenienti da altri paesi: vi accogliamo come fratelli e sorelle, vi amiamo come fratelli e sorelle, condividiamo le vostre difficoltà che diventano anche nostre perché noi stessi non stiamo bene fin quando anche voi non starete bene. Dice Giovanni nella sua prima lettera ad una comunità di cristiani:    

 

Questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello…

 

Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui.
In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.

Questa è una citazione della Parola di Dio.

La fede in Gesù ci rende un solo popolo anche in questa nostra città di Padova. E il nostro volerci bene è annuncio del Vangelo: noi così diversi ci vogliamo bene e ci aiutiamo gli uni gli altri.

Infatti camminiamo sulla strada della pace e della fraternità non solo per noi stessi, ma anche per invitare tutti gli uomini e donne di buona volontà ad essere, loro stessi, fratelli e sorelle, anche se non condividono la stessa fede nel Vangelo. Noi cristiani camminiamo seminando, nel nome di Gesù, pace, amore fraterno, condivisione nel dolore, solidarietà per la giustizia perché tutta la nostra città possa arricchirsi di stile, clima e cultura così umani da diventare speranza per tutte le città e tutti i popoli. E dobbiamo seminare con abbondanza, senza calcoli troppo umani.  

Il giubileo della misericordia ci ricorda la pazienza di Dio. Anche le nostre comunità, sia territoriali (come le parrocchie) sia etniche come quelle in cui vi radunate per la preghiera, sono la stella cometa, il segno della Provvidenza che ci accompagna. Si tratta di strumenti di Grazia che ci aiutano con l’amore fraterno, con il pane della Parola e della carità, con la continua e personale preghiera; ci aiutano a superare tranelli, minacce, giochi di potere che, come quelli di Erode, cercano solo il male.

Noi cristiani di ogni provenienza siamo chiamati ad opporci al male, facendo il bene. E come fratelli e sorelle restiamo uniti a Gesù perché ci dia la forza della mitezza e la fermezza della fede e della verità.

Alleiamoci, noi discepoli di Gesù, pregando gli uni per gli altri, per non cadere in nessuna forma di cattiveria e di violenza; per non rispondere a provocazioni e prevaricazioni compiendo noi, per debolezza, del male, a nessuno, neanche a chi lo fa a noi. Non contraccambiamo mai il male con il male.

Nella nostra storia di cristiani abbiamo tanti esempi di santi, sia nelle vostre Chiese di provenienza che in questa nostra e vostra Chiesa di Padova, vostra nuova famiglia.   

   

Il Signore Gesù è luce delle Genti. La sua parola di amore e di pace vincerà il mondo. 

Amen.

 

+ Claudio, vescovo 

Epifania del Signore

6 gennaio 2016


 
 
 
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