Don Pietro Lotto è tra le braccia del Padre

Il funerale martedì 2 marzo alle 15.30 nel Duomo di Montagnana

È mancato sabato 27 febbraio 2021 all’ospedale di Schiavonia (Pd), don Pietro Lotto.

Don PIETRO LOTTO (Padova, 15.12.1929 – Monselice (ospedale di Schiavonia), 27.02.2021)

 

Don Pietro Lotto nasce a Padova, nella parrocchia di Salboro, il 15 dicembre 1929 da Eliseo e Pierina Varotto. Scaltro, vivace e sportivo, apparentemente meno serio dei fratelli più grandi, frequenta le locali scuole elementari prima di portarsi nel Seminario di Thiene negli anni della guerra (e talvolta il viaggio in andata o ritorno è fatto in sella alla biciletta). Dopo il tempo del liceo e della teologia a Padova, è ordinato presbitero il 6 luglio 1952.

Viene subito inviato come prefetto in Seminario Minore, mentre un anno dopo è vice-rettore del Collegio Barbarigo dove si pone con l’atteggiamento convincente dell’amico e dell’educatore. Al Barbarigo vive a contatto con un corpo docente qualificato che vibra di aperture e che stimola umanamente e culturalmente lo stesso don Pietro. Nel frattempo è collaboratore festivo a San Lazzaro.

All’epoca il Collegio Barbarigo era pensato come una parrocchia in miniatura, con il gruppo missionario, la San Vincenzo, gli aspiranti e via dicendo. A proposito degli aspiranti interni (al tempo, don Floriano Riondato seguiva gli esterni) don Pietro scriveva:

«È stato detto che l’anima del ragazzo è un po’ come uno strumento musicale: possiede in sé ogni armonia. Il tocco dell’artista può ricavare dallo strumento inerte melodie sublimi. La parola, il tatto dell’educatore possono suscitare nel cuore tante volte vuoto del ragazzo sentimenti e riflessi di bontà, atti di eroismo spesso impensati. Credo fermamente alla sincerità e all’impegno di tutti i ragazzi quando fanno una promessa o formulano un proposito».

Nel biennio 1966-1967 è anche assistente diocesano della Gioventù Italiana di Azione cattolica. Mente libera, don Pietro è colpito dalla figura di Charles De Foucauld, dal suo radicalismo spirituale e dalla logica della testimonianza. Al momento di lasciare il Collegio Barbarigo, la Cronistoria dell’Istituto annota:

«Non lo dimenticheranno quanti nel triennio del Liceo Classico lo ebbero educatore e guida e gli restarono legati da saldi vincoli di stima e di amicizia anche dopo varcate le soglie dell’Università. Non lo dimenticheranno gli ex alunni anche più anziani di lui, con cui organizzò e sostenne l’Associazione Ex allievi, cattivandosi da tutti, per le sue doti di umanità, una sincera simpatia».

Lascia la città di Padova nel settembre 1967 quando viene inviato al Collegio Vescovile Atestino di Este quale pro-rettore, diventandone rettore un anno dopo.

Nel 1866, con l’annessione del Veneto all’Italia, tutto il complesso di San Francesco era divenuto proprietà del Comune di Este che dal novembre 1874 lo aveva utilizzato con finalità scolastico-educativa. Dal 1904 al 1916 il complesso fu gestito dai Salesiani. Durante il primo conflitto mondiale (1915-1918) il convento venne trasformato in ospedale militare e nel 1922 divenne sede del Collegio Vescovile Atestino (1922-1975). Il vescovo Luigi Pelizzo voleva con questa scelta compensare la chiusura del Collegio Barcon di Thiene, divenuto sede del Seminario Minore. Una drammatica pausa delle attività didattiche si verificò tra il 1943 e il 1945 quando, nel pieno della seconda guerra mondiale, fu requisito dalle truppe di occupazione tedesche per essere utilizzato come alloggio militare, luogo di raccolta dei rastrellati e prigione di partigiani catturati dai nazisti e dalla brigata fascista. Dopo la liberazione tornò a essere collegio-convitto; dal 1963 con l’estensione delle scuole medie in tutti i comuni, il collegio vide diminuire l’affluenza dei convittori provenienti dai paesi delle provincie di Padova e Rovigo e ciò portò alla sua definitiva chiusura nel 1975, dopo anni di fiorente attività. Con l’anno scolastico 1975-1976 l’istituto tecnico per geometri, con le prime due classi, fu trasferito al Collegio Barbarigo di Padova. Fu scritto all’epoca: «La morte del Collegio Vescovile Atestino è un impoverimento per la comunità civile e cristiana di Este, ma è anche un impoverimento per tutta la Chiesa padovana. Lo spazio di servizio della comunità di credenti nei confronti della società si restringe ulteriormente, parallelamente si restringono le possibilità di animazione cristiana». Primo direttore dell’Atestino era stato don Antonio Zannoni, in seguito Rettore del Barbarigo: don Pietro fu definito «interprete fedele dell’opera e del cuore» di don Zannoni.

Con la chiusura dell’Atestino, don Pietro torna al Collegio Barbarigo assieme a don Guerino Piran (amministratore dello stesso Atestino), anche se entrambi vi si fermano poco perché chiamati ad altri incarichi. In effetti, don Pietro, inizialmente nominato delegato per le attività religiose e formative del Barbarigo, nell’estate successiva (1976) riceve l’incarico di parroco/arciprete di Montagnana. Nel novembre 1976 era stato anche voluto come consulente ecclesiastico dell’Unione cattolica italiana insegnanti medi. Nel primo saluto alla comunità di Montagnana scrive:

«Mi è stato chiesto di venire in mezzo a voi, di mettere a vostra disposizione il Sacerdozio di Gesù che è in me, di unire il cammino della mia vita al vostro, di esservi fratello. Vi confido: c’è stata lotta in me, c’è stato smarrimento. Voi stessi avrete modo di accertare tanti motivi di questa mia incertezza. La fiducia però nella Provvidenza, che guida ogni nostro passo per vie spesso imprevedibili, la necessità per me, come del resto per ogni cristiano, di impegnare al massimo delle possibilità la mia vita per gli altri, e la sensazione sempre più chiara di entrare a far parte di una comunità, qual è appunto la vostra, viva e ricca di solide tradizioni cristiane, mi hanno indotto alla grande decisione. Ora voi siete parte vitale della mia esistenza; ora dovrò rispondere a Dio in coscienza di voi; ora voi sarete l’oggetto sempre più caro di gran parte del mio tempo, della mia preghiera, dei miei pensieri, della mia capacità di amare».

(L’Araldo dell’Assunta, Numero speciale, 19.09.1976)

Appena arrivato nella cittadina della Bassa Padovana si trova il Duomo ferito dal «terremoto del Friuli» e deve provvedere al restauro e consolidamento dell’edificio. Più tardi vi sarebbero stati anche i lavori in occasione del 500° anniversario dalla fondazione del Duomo stesso (1502-2002): del resto, la cura dell’edificio e del suo patrimonio artistico ha rappresentato per don Pietro un impegno costante. A Montagnana si fa conoscere come uomo umile, dialogante, capace di privilegiare soggetti deboli quali sono gli anziani, i malati e le persone sole, regalando a tutti parole positive di incoraggiamento, di comprensione e non di giudizio. La pastorale è ordinaria, dignitosa e seria. Ha modo di sistemare il Villaggio della Gioventù, il cinema teatro Bellini e non trascura la collaborazione con l’amministrazione comunale. Alcuni mesi dopo l’arrivo in parrocchia scrive:

«La vostra vita di comunità parrocchiale, intensa e varia, mi ha totalmente as­sorbito. Le vostre case e le vostre strade, il vostro ospedale e la vostra chiesa mi stanno rivelando e delineando giorno per giorno i vostri vol­ti, i vostri problemi, le vostre situazioni. Fatti lieti e tristi di alcune famiglie già mi hanno creato particolari vincoli di affetto e di stima. La mia vita di arciprete sta prendendo la sua fisionomia e le sue dimensioni. Mi accorgo sempre più del mio ruolo di padre e di fratello accanto a voi, partecipe e interprete della vostra vita, specialmente quando essa diventa problema, sofferenza, solitudine o vecchiaia».

Per molti anni don Pietro è ininterrottamente vicario foraneo dell’allora vicariato di Montagnana (1976-2002) e rappresentante dei vicari nel Consiglio presbiterale (1985-1990).

Dopo la rinuncia alla parrocchia, avvenuta nell’estate 2006, viene nominato penitenziere nel Duomo di Montagnana e cappellano della Casa di riposo. Con grande discrezione e senza alcuna intromissione vive il servizio ai due parroci che gli succedono fino a che la morte lo coglie il giorno 27 febbraio 2021 all’ospedale di Schiavonia.

Il funerale sarà celebrato nel Duomo di Montagnana martedì 2 marzo, alle ore 15.30.

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