Don Giorgio Verzotto
Giustina in Colle (PD), 05.01.1933 – Camposampiero (PD), 28.04.2025
Nel primo mattino del 28 aprile 2025 si è spento don Giorgio Verzotto all’Ospedale di Camposampiero, dov’era ricoverato a seguito di uno scompenso cardiaco. Aveva 92 anni. Figlio di Eliseo e Luigia Gazzola, fu ordinato presbitero il 14 luglio 1957. Nel settembre successivo fu voluto come cooperatore presso la Sacra Famiglia in Padova. Tra l’agosto 1959 e il gennaio 1960 erano stati previsti per lui gli incarichi di addetto all’amministrazione del Seminario e cooperatore a Torre, in Padova, ma venne poi nominato coadiutore al Duomo di Este. Tre anni dopo, nel maggio 1963, fu trasferito come cooperatore ad Arsego e nell’estate 1967 a Fratte.
Il primo incarico di parroco giunse alla fine del 1971, quando fu voluto alla guida di Reschigliano: vi rimase 22 anni, fino a che divenne parroco di Canove, per altri 17 anni. Prima di portarsi a Canove fu per molto tempo insegnante di religione nelle scuole medie di Este, Campodarsego e San Giorgio delle Pertiche.
Nel settembre 2010, per motivi di età, concluse il servizio attivo e fu nominato penitenziere a San Giorgio delle Pertiche: trovò residenza in un appartamento vicino alla parrocchia, dove rimase fino alla morte, avvenuta a seguito di ripetute vicende legate alla salute.
Don Giorgio era un prete felice della sua vocazione, consapevole del privilegio di essere stato chiamato a un servizio unico: farsi mediatore della Grazia e della misericordia di Dio verso tutti. Visse con trepidazione, con gioia e con carità questa particolare vocazione, conscio della sua umanità fragile.
Carattere determinato, intellettualmente curioso, fu attento alle novità che avanzavano dentro e fuori la Chiesa, sempre desideroso di interrogarsi e capire: per questo motivo visse con entusiasmo il Concilio Vaticano II. La sua preghiera era approfondimento della Parola di Dio, contemplazione e poesia. Viaggi, concerti, conferenze culturali, cineforum e letture hanno arricchito la vita di don Giorgio sempre piena di stupore, di riconoscenza e di amicizia, fino alla fine. Non vennero meno nel tempo l’attenzione alla Chiesa e il rispetto nei confronti dei superiori.
Quando fu collaboratore ad Arsego, dalla grande figura del parroco, don Bruno Cremonese, ricevette la libertà di curare in modo particolare la gioventù e si dedicò con entusiasmo a vivificare il patronato riempiendolo di giovani, di festa, di formazione cristiana, di campi scuola, di sport, di gite, trasmettendo sempre e comunque la gioia del Vangelo, la bellezza del rinnovato canto liturgico e dello stare insieme; lo stupore per la montagna o per la vastità del mare, così come l’incanto di una notte piena di stelle.
Parroco di Reschigliano, dopo averne rivisto il progetto iniziale, costruì una chiesa che esprimesse il valore della comunità convocata per celebrare la Parola e l’Eucarestia. Quando ormai anziano lascia Canove (subito dopo sarebbe partita la nuova unità pastorale) scrive: «Continuo a fare il prete, dovunque richiesto: altro che pensione!».
L’ultima stagione di vita – come era solito chiamarla – fu trascorsa nella comunità di San Giorgio delle Pertiche, gustando, partecipando e mettendo in circolo tanto bene. Don Giorgio considerava San Giorgio la sua casa e la sua famiglia e, a questo proposito, non fu semplice il tempo della pandemia per i limiti che impedivano le relazioni sociali. La domenica di Pasqua, come papa Francesco, dopo aver partecipato a tutte le liturgie del Triduo, aveva dato la sua benedizione e il suo augurio alla conclusione di tutte le messe festive, da lui concelebrate, gustando le varie anime della liturgia animate da cori diversi. Lo faceva «dall’alto delle mie 68 Pasque di messe celebrate», tesoro prezioso di benedizione.
Nel Testamento don Giorgio aveva lasciato scritto:
«Mi ritrovo proprio questa mattina nella preghiera e nella riflessione del salmo 72, ispirazione e aspirazione di tutta la mia vita: “Tu, O Signore, mi hai preso per la mano destra, mi guiderai… mi accoglierai nella tua gloria… È Dio, la mia sorte per sempre. Il mio bene è stare vicino a Dio”. Grazie, Signore per il dono della vita e per la meraviglia di gloria che mi porta. Perdonami, così come anch’io perdono per ogni ombra che l’avesse offuscata. Tieni conto e ricompensa: cari di famiglia, di amicizia, e i tanti di comunità serviti dal mio ministero sacerdotale. E aiutaci a continuare ad amarci e farci ancora del bene per ritrovarci insieme. Arrivederci!» (27.03.2017).
Le esequie saranno celebrate dal vescovo Claudio nella chiesa di San Giorgio delle Pertiche venerdì 2 maggio 2025, alle ore 10. Nel cimitero locale riposerà la salma di don Giorgio.
È facile ritenere che don Giorgio (e dopo di lui il cugino don Lino Verzotto, come anche don Gino Brunello) appartenga alla schiera di preti diocesani e religiosi spuntati a S. Giustina in Colle a seguito del famoso e triste eccidio, avvenuto il 27 aprile 1945, quando, a pochi giorni dalla conclusione della guerra, furono uccisi diversi civili assieme al parroco e al giovane vicario. Agli occhi delle famiglie e dei bambini del tempo si era resa necessaria una sorta di “sostituzione”.
Nel corso della Marcia diocesana della pace del 15 gennaio scorso, svoltasi tra Arsego e S. Giustina in Colle, don Giorgio aveva preparato una breve testimonianza a proposito dell’eccidio, del quale il 27 aprile scorso sono stati celebrati gli 80 anni.
Nato e residente in questa parrocchia, piuttosto vuota di vocazioni, avevo 12 anni, al tragico evento di quel martirio con al centro i miei due cari sacerdoti don Giuseppe Lago parroco e don Giuseppe Giacomelli cappellano. Sul mezzodì di quel giorno scappo da casa, coraggioso di andar a vedere quello che era successo in piazza: ne sono unico testimone oculare, da riempirmene la vita intera. Mi sono scoperto in un terribile silenzio: in alto il campanile fumava, fatto bruciare per un partigiano armato, che si salverà miracolosamente scendendo giù per il parafulmine; e sotto i miei occhi sempre soli sui trucidati appena spenti e inzuppati di sangue ancora vivo, rovesciati sulla polvere, lungo una piccola mura rossa (la muretta dei nostri giochi) a ridosso del terrapieno che sostiene la gigante chiesa. Dopo qualche minuto comincerà a precipitare la folla e aggrapparsi da disperati tra abbracci, urla e pianti…. Ammutolito a guardare e restare, corro veloce a casa, ritrovo parola e a mamma chiedo d’istante: “Domenica dove andiamo a Messa senza più preti?” E lei sbalzando di voce e a occhi chiusi a rispondere: “Vedrai che Qualcuno ci penserà!”. Io chierichetto imbattibile, allora fatto solo di casa-scuola-chiesa, non sapevo da dove venissero fuori i preti: ma subito dopo 6 mesi, fuori guerra, il 5 di ottobre del ’45 ero in seminario al Barcon di Thiene, per arrivare al posto di ‘quei due’, la cui violenza di sangue, vista dai miei occhi, avrebbe voluto ben distogliermi: e a pensare di continuo a quel ‘Qualcuno’ di mamma, di volontà superiore e vincente!
Ora ho 92 anni di vita e di questi ben 67 di sacerdote in diocesi di Padova, pronto a deporli sul vuoto e sul martirio di quella mia piazza!