Don Francesco Cesaro riposa tra le braccia del Padre

Martedì 14 ottobre 2025 - Le esequie sabato 18 ottobre alle ore 9.30 a Brusegana (Padova)

Don Francesco Cesaro
Padova (6.10.1939) – Sarmeola di Rubano (Pd) (14.10.2025)

 

Don Francesco nasce a Padova (Brusegana) da Agostino e Adalgisa Nicolè il 6 ottobre 1939. Viene ordinato presbitero il 7 luglio 1963 con un numerosissimo gruppo di compagni verso i quali, già nel tempo formativo, aveva manifestato grande cordialità, carattere gioioso ed espansivo.
Da subito diventa insegnante di lettere nel Seminario minore per le Medie (Barcon di Thiene) ed è anche cooperatore festivo a Mosson. Nell’agosto 1966 inizia gli studi all’Università di Padova e diventa cooperatore presso la SS. Trinità in Padova, incarico che sarebbe durato per decenni lasciando il ricordo di una predicazione appassionata, ma anche di una vicinanza amichevole che diveniva accompagnamento di giovani e adulti. Nel settembre 1970 comincia l’insegnamento, prima di religione poi di lettere, al Collegio Barbarigo, del cui liceo scientifico diventa preside nel 1984, prima di esserlo, l’anno seguente, anche del liceo classico. Nel frattempo, nel 1974, aveva concluso la laurea in lettere moderne presentando una tesi di storia medievale: I Vescovi di Padova Raimondo Galinberti (1374-1386) e Stefano da Carrara (1396-1406). Nuove ricerche d’archivio (con il prof. P. Sambin). A fine estate 1987 diventa anche rettore del Collegio Vescovile Barbarigo, subentrando a don Mario Mortin.

Gli anni trascorsi al Barbarigo mettono in risalto un uomo mite e buono, discreto e riservato. È un insegnante che parla alla testa e al cuore degli alunni i quali vengono aiutati non a ripetere nozioni, ma a pensare in modo autonomo e libero, aperto al mondo e al messaggio evangelico. Durante il suo rettorato, nel 1992, nasce la scuola d’arpa, fiore all’occhiello del gruppo musicale di don Floriano Riondato, che oggi è alla base dell’orchestra d’arpe Ensemble Musicale Floriana.

Del resto, don Francesco aveva fatto della scuola la sua missione: si relazionava con i ragazzi in modo bello, autentico, personale, anche scherzoso; allo stesso tempo stringeva rapporti sinceri e sereni con gli insegnanti, instaurando con loro delle relazioni di rispetto e di stima. Il pranzo era occasione per vedere assieme preti e insegnanti laici, mentre la cena riuniva i preti residenti al Barbarigo, in un clima di familiarità e fraternità.

A fine luglio 1997 diventa, invece, preside delle scuola medie e del ginnasio del Seminario minore di Tencarola. Di quel periodo si ricordano le «estati letterarie» a tema: un poeta, un romanziere, un autore da leggere in toto nell’arco del periodo estivo, con le uniche interruzioni della messa, del pranzo e la visita in famiglia o presso amici. Lunghi dialoghi erano possibili il dopo pranzo o il dopo cena, sempre argomentati a partire da temi di attualità, altre volte conditi con una ironia che sdrammatizzava le cose; gioiosi perché condivisi, essenziali perché si andava al dunque. Anche negli anni di Tencarola si vedeva don Francesco avvicinare gli studenti con rispetto esigente: «La scuola prepara ad affrontare la vita» e le motivazioni degli studenti che affrontavano le materie dovevano essere «egregie».

Don Francesco aveva una convinzione: coloro che studiano devono assumere lo stile di vita del monaco, isolandosi da tutto e da tutti, per concentrarsi sull’oggetto dell’approfondimento. In effetti, nel lavoro era persona competente, scrupolosa e tenace. Da vero studioso, leggeva tantissimo; si teneva aggiornato nelle lingue classiche e nella lingua italiana; amava gli autori della letteratura italiana che leggeva e rileggeva, dotato di una fornitissima biblioteca personale. Anche la musica classica era sua costante passione.

Nel corso del tempo vi erano stati per don Francesco anche l’incarico di consigliere ecclesiastico provinciale della Coldiretti (ottobre 1983) e la nomina a canonico onorario della Cattedrale (luglio 1988). Molte persone lo hanno conosciuto come prete autentico, sincero, capace di scelte coraggiose e di sapienza di vita.

Nel gennaio 2013, mentre tornava in bicicletta da una visita ai famigliari, fu vittima di un grave incidente che ebbe conseguenze devastanti: rianimazione, terapia intensiva e periodi di riabilitazione portarono all’accoglienza, nel settembre successivo, presso l’Opera della Provvidenza perché fosse sostenuto nella ripresa fisica. Per quanto potesse apparire sereno e ancora gioviale, ci fu un’alterazione della memoria e un decadimento globale che col tempo andarono accentuandosi. Da parte sua non si sono sentite parole di lamentela verso l’investitore, né di amarezza per la situazione in cui veniva a trovarsi: don Francesco era sempre fiducioso nella Provvidenza di Dio e proprio all’Opera della Provvidenza il Signore lo ha chiamato a sé nel primo mattino di martedì 14 ottobre 2025.

Nella chiesa di Brusegana si pregherà il rosario la sera di venerdì 17 ottobre alle ore 19. Le esequie saranno celebrate dal vescovo Claudio sabato 18 ottobre, a Brusegana, alle ore 9.30. La salma sarà poi accompagnata al Cimitero maggiore di Padova.

 

 

 

Due brevi testimonianze:

«Una parola che noi presbiteri pronunciamo assai spesso nella liturgia della S. Messa è “Amen”, “Così sia”: questa parola, per me, è in sintesi la vita di don Francesco, compagno di viaggio nel sacerdozio, ma anche esempio di santità di vita».

Aula di scuola del Seminario di Thiene (1964). «Don Francesco arrivava sempre così. In ritardo, trafelato con un gran pacco di libri in equilibrio precario e la voglia di farci capire quel mondo che stava oltre il cortile gelato e le mura del Barcon. Lo faceva, a suo modo, attraverso i libri che ci leggeva a puntate in classe o ci prestava di nascosto. Avevamo seguito il vecchio Santiago ne Il vecchio ed il mare. Poi avevamo incontrato Jean Valjean ne I Miserabili e dalla lunga appassionata storia di Hugo eravamo ora approdati ad Orano e a La peste di Camus. Si trattava di libri proibiti. Perché l’insegnamento non poteva dirottare dal rigido programma scolastico previsto dalla Ratio studiorum. Soprattutto perché erano racconti che non potevano essere ascoltati dalle pudibonde orecchie dei futuri preti. Per tale motivo don Francesco avvolgeva i corpi del reato in giornali casti e ortodossi, sottraendoli al controllo occhiuto del rettore che tutto vedeva, anche se poco capiva. Aspettavo con impazienza la lettura di quei libri. Avevo già esaurito la striminzita biblioteca di classe e al pomeriggio sotto il libro di grammatica latina tenevo Uomini e topi (John Steinbeck), che avevo quasi ultimato. Ma la capacità narrativa dell’insegnante possedeva un fascino irresistibile».

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