Giornata mondiale della vita consacrata 2023

Padova, basilica Cattedrale
04-02-2023

Giornata mondiale della vita consacrata

Sabato 4 febbraio 2023

Padova, basilica Cattedrale

Le letture di oggi sono inserite nell’Eucaristia che celebra Maria, tempio del Signore. Si ricollega con la festa della presentazione al tempio di Gesù. È Gesù il tempio santo e noi sua Chiesa, come Maria, continuiamo nel tempo a essere segno della sua presenza nel mondo.

Ciascuno di voi rinnoverà la sua disponibilità a essere strumento della sua grazia mettendosi ancora nelle sue mani, ma stavolta insieme con tutti gli altri uomini e donne a lui consacrati che vivono nella Chiesa che è in Padova e con me, che desidero rappresentarla nella sua totalità carismatica e storica.

Questo appuntamento è tra quelli che toccano il cuore, il mio cuore di vescovo e il cuore della Chiesa che il Signore ha fatto crescere in questo territorio e in questa nostra storia padovana; l’ha fatta crescere ed accompagnata, l’ha presa per mano e l’ha educata: è la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica; è la sua Chiesa che vive sparsa su tutta la terra e si manifesta per grazia, anche in questo territorio e in questa storia, nella sua pienezza e completezza. Vive in comunione con quella di Roma e partecipa della sua missione universale di portare il Vangelo a ogni creatura, con opere e parole. 

Il cuore viene toccato dalla vostra testimonianza di fede, dalla dedizione e dall’affidamento così generosi, così coinvolgenti, così permanenti da portarci a intravedere la mano di Dio, l’opera di sue fatiche. La fede dei vostri e dei nostri anziani e anziane, purificata dalla lunghe fatiche apostoliche degli anni della giovinezza e della forza, racconta la verità del vostro cuore. Ho visitato le Elisabettine a Taggì, le Salesie a Santa Croce e a Teolo, le Dorotee in via San Pietro, le Dimesse: ho visto esistenze complete, affidate al Signore: vocazioni a cui si è corrisposto e che sono frutto di uno spirito che vive ancora in voi, in ciascuno di voi, nelle vostre realtà comunitaria. Sono carismi, dono del Signore risorto per la nostra Chiesa.

Lo stesso spirito che ha animato la beata Liduina nel suo viaggio missionario in Etiopia, di don Leonati che ha aggregato attorno alla spiritualità di san Francesco di Sales le Salesie, del padre Antonio Pagani che ha fondato le suore Dimesse, del beato Luca Passi che ha dato forma alle Dorotee,  di san Giovanni Bosco che ha voluto il Manfredini per esercitare il carisma dell’educazione e che con Maria Domenica Mazzarello ha fondato  le Figlie di Maria Ausiliatrice, lo spirito ecumenico di san Leopoldo tenuto vivo dai frati cappuccini, quello di sant’Ignazio portato qui dai gesuiti, quello missionario del Comboni e della SMA. Attraverso voi, loro figli e figlie, ho conosciuto il carisma di Elisabetta Vendramini, del Giustiniani, di san Francesco d’Assisi e di santa Chiara, di san Benedetto  i monaci di Santa Giustina e di Praglia e le monache di San Daniele; ho visto anche il rinascere e il riemergere degli antichi ordo: l’Ordo Virginum e l’Ordo Viduarum, le eremite e gli eremiti diocesani. E ho conosciuto, almeno in parte, i doni di tanti altri Istituti religiosi presenti nella nostra Chiesa di Padova – Camilliani, Rogazionisti, Giuseppini – e secolari. Siete tanti! 

Lo Spirito e il carisma dei vostri fondatori quindi vivono ancora tra noi e arricchiscono la santa e unica Chiesa di Dio che vive in Padova.

Ci siete ancora voi, loro figli e figlie: il loro sangue, diremmo parlando umanamente, scorre nelle vostre vene e il loro Spirito ci anima: sono presenti grazie a voi; noi ne siamo gli eredi. La Chiesa “qui convocata in comunione con il nostro papa Francesco e con me indegno servo di questa sua epifania” viene arricchita e resa sempre più bella grazie alla vostra presenza. Per i doni carismatici che ci fate, noi vi diciamo grazie, un grazie di cuore. È la vostra generosità, la vostra gratuità che ci commuovono; come per Gesù tocca anche le viscere, le dimensioni emotive della nostra persona (ebbe compassione).

Ora si prefigura un tempo di povertà, di ridimensionamento, di vecchiaia. Qualcuno tra voi è attraversato da previsioni oscure ed immagina il giorno in cui la propria Congregazione dovrà, se non scomparire, certamente entrare in un ridimensionamento radicale della propria operatività. Preoccupazioni che riguardano tutta la nostra Chiesa occidentale e che insieme vogliamo e dobbiamo vivere da discepoli del Signore risorto: con fede, ritornando e riunendoci attorno a Lui e riferendogli tutto quello che abbiamo fatto e quello che abbiamo insegnato; con speranza, certi di essere comunque nelle mani del Padre, Lui è il nostro pastore; con gioia, contenti del dono che abbiamo fatto della nostra vita e dell’amore che abbiamo potuto mettere a disposizione. Il riposo con lui, in disparte, dopo tanto lavoro, sarà la nostra consolazione e la fonte di nostre nuove energie. 

Nel lontano passato ho letto un libretto di J.B. Metz, “Tempo di religiosi”, nel quale, accanto all’”ars vivendi” si parlava di “ars moriendi”. Di quel libretto ricordo l’invito a trasformare l’inevitabile fatica del distacco in un completamento di donazione, di amore: amando, facendo anche degli ultimi respiri un atto di affidamento all’amore di Dio e di donazione per la propria missione. Un conto è morire, un conto è donarsi, come hanno fatto i martiri, come ha fatto Gesù il quale non è morto, ma si è donato “compiutamente”.    

Il cuore è toccato alla costatazione della vostra bellezza, fino al punto di provare, accanto alla contemplazione e alla meraviglia, anche un po’ di gelosia. Lo dichiaro non tanto per essere perdonato ma piuttosto per essere capito: so infatti di poter contare sulla vostra comprensione perché ci unisce già tanto affetto, stima e tanta vicinanza.
Quanto è bella e significativa una vita offerta al Signore, quanto può essere preziosa per i figli e le figlie di questa Chiesa – soprattutto per i giovani – la vostra testimonianza, quanta ricchezza di carismi è visibile tra noi, guardando alle vostre storie, alle vostre opere di carità, educative, culturali…

Anch’io però confesso che sono preoccupato per il cambiamento che sta attraversando la nostra e vostra Chiesa di Padova. In qualche occasione ho già detto che i cambiamenti sono stati spesso da noi sostenuti, sono segno di un cammino di promozione sociale che noi abbiamo offerto alla società. Ma i cambiamenti profondi, di mentalità, di cultura e di costumi chiedono un nuovo annuncio del Vangelo. 

Continuo a dirmi che ne usciremo migliori ma sono spesso sorpreso dalle stesse preoccupazioni che attraversano tutti voi: poche vocazioni, molta instabilità da parte dei ministri ordinati, chiusura di servizi e di case, tante fragilità, domande. Nascono interrogativi sul senso della nostra vocazione, della nostra missione. 

Sono preoccupato come voi e come i vostri istituti… vorrei allora poter contare su voi! Vorrei sentirmi dire: “non temere, ci siamo anche noi, siamo qui per questa Chiesa non per noi stessi”. 

La gelosia (che spesso è un segno non solo di affetto ma anche di possessività) nasce dalla preoccupazione che invece di condividere le nostre sofferenze e le nostre bellezze, ciascuno sia preoccupato per se stesso, affannato a conservare quanto resta. Non vorrei io stesso propormi o essere percepito come uno che, nella difficoltà, senza averne il diritto, conquista terreno e spazi altrui.

Dalla povertà però, esattamente dalla povertà, può nascere un legame nuovo di fraternità ecclesiale, una nuova visione dell’annuncio dell’amore del Padre.
Possiamo aiutarci e sostenerci reciprocamente per obbedire ancora al Signore Gesù e al suo Vangelo, per profetizzare la crescita del suo Regno, per servire con umiltà e gratuità gli uomini  e le donne portando loro pace, amore, giustizia?

Come sapete abbiamo aperto il sinodo diocesano, lo abbiamo indetto prima che ci fosse notizia del cammino sinodale italiano, di cui abbiamo la possibilità di accoglierne la grazia. Alcuni di voi sono parte dell’assemblea sinodale diocesana. La mia speranza è che sia occasione di vedere la nostra nuova condizione di fragilità e povertà e di stringere una nuova alleanza per la missione che ci è stata affidata, sapendo di poter contare sulla vostra comprensione ma anche sui vostri carismi.   

 La nostra povertà, il sinodo e il tempo che stiamo vivendo ci chiedono una relazione ancora più profonda, ci portano a dirci parole buone, belle, di tenerezza che mai abbiamo osato, di parlarci ancora di più, di aiutarci ancora di più, di fare squadra ancora di più come Chiesa, e di non temere di perdere qualcosa di nostro per rimanere davvero uniti nel Signore.

Come io ho parlato bene di voi, ho “detto bene”, ho benedetto, ora il Signore vedendo la nostra sincerità doni a tutti noi, sua Chiesa, la sua benedizione e ci mostri il suo volto. La sua benedizione scenda come rugiada e ci unisca e custodisca sotto lo stesso manto, quello della Vergine madre. 

+ Claudio Cipolla
vescovo di Padova

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