Il Santo del fraternità e della pace

In occasione della festa di Sant’Antonio, desidero rivolgere a tutti un caloroso messaggio di “pace e bene”.
Sant’Antonio è Patrono della nostra Città e su essa continua ad estendere la sua celeste protezione, intercedendo davanti a Dio per le nostre necessità spirituali e materiali, ed in particolare per le persone colpite da lutti o dai danni provocati dal terremoto. Dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti, ma in pari tempo eleviamo in alto il nostro sguardo e abbiamo fiducia.
Al “Santo” siamo invitati a guardare, anche, come esempio di comportamento personale e di relazioni familiari e sociali.
In questo messaggio vorrei mettere in rilievo lo spirito e le qualità delle relazioni vissute dal “Santo” e che dovremmo sforzarci di imitare.
 
1.      L’ideale francescano di fraternità e di pace
Sant’Antonio, abbracciando il carisma francescano, ne assorbì lo spirito evangelico, di cui uno dei tratti caratteristici è la fraternità e la pace. È noto come San Francesco vedeva e trattava tutti come fratelli, al di là di ogni differenza di rango e di divergenza sociale; fino a includere nella fraternità anche tutte le creature (cf. Cantico delle creature). Riconciliato interiormente con Dio e il prossimo difendeva ovunque la pace.
Sant’Antonio si è ispirato a questo ideale, pur vivendolo con la propria indole. Egli ha saputo contemperare bontà, amabilità e fermezza; era garbato, ma all’occorrenza, quando erano in causa la verità e la giustizia, diventava severo. La bontà del suo cuore la vediamo nell’immagine che lo presenta mentre tiene in braccio e contempla Gesù Bambino. Amava la natura, ma soprattutto mostrava un cuore pieno di compassione per i poveri, gli oppressi, gli infelici detenuti nelle carceri, le donne ridotte a oggetto. Ma era intrepido nell’affrontare i potenti e rimproverare i loro soprusi, richiamandoli alla giustizia e alla pace, come nel caso di Ezzelino da Romano.
Nella sua predicazione, Sant’Antonio ha trattato spesso il tema del matrimonio e della famiglia, ambito delle relazioni più intime ed intense, mettendo in luce le virtù e i valori che le sono propri, ma denunciando anche i vizi e gli abusi cui va soggetta.
 
2.      Pace e bene
La rivoluzione francese, non senza attingere alla linfa cristiana, aveva proposto come programma sociale, insieme con l’eguaglianza e la libertà, la fraternità.
La fraternità non è un frutto spontaneo; matura solo se vi poniamo le condizioni necessarie. Logicamente, ci sentiamo e comportiamo da fratelli se coltiviamo la consapevolezza di avere un solo padre. È precisamente la fede in Dio Padre che spesso manca. Eppure questo è il messaggio centrale di Gesù. Per vivere la fraternità è necessario mettere da parte l’individualismo, la superbia, l’invidia, la gelosia, l’aggressività; saper coltivare la giustizia e, insieme, la solidarietà, la condivisione di gioie e fatiche, di sofferenze e speranze; tendere al dono di sé e non al possesso egoistico.
La crisi attuale, con le sue gravi conseguenze economiche, quali la perdita del lavoro e l’aumento delle povertà, ci interpella e ci provoca fortemente a uno stile di vita sobrio, alla condivisione fraterna dei beni, in uno spirito di gratuità.
Vorrei anche far riflettere su una conversione positiva che la crisi attuale può e dovrebbe provocare. La visione della vita indotta dal benessere materiale e dal consumismo induceva facilmente a puntare sull’avere e sull’apparire invece che sull’essere; sull’accumulo di cose materiali e sull’autosoddisfazione, invece che sulle relazioni animate da un amore vero.
Osservando la situazione attuale, da un lato appare un’aspirazione e una ricerca di relazioni sincere, dall’altro vediamo che esse sono troppo fragili e variabili. Il difetto di fondo è che si cerca la propria autogratificazione narcisistica, invece che il vero bene dell’altro.
In verità non c’è amore autentico senza la rinuncia a se stessi, all’egoismo e all’amor proprio, di cui tutti siamo pervasi.
Non manca di impressionare, inoltre, la conflittualità e la rottura dei rapporti interpersonali in particolare nell’ambito del matrimonio e della famiglia, fino ad arrivare a delitti spaventosi. Perché quello che dovrebbe essere il luogo dell’unione e della pace diventa il luogo delle divisioni e del conflitto?
Questa situazione, insieme con stati d’animo frequenti di ansia, frustrazione, depressione, manifestano che nel fondo del cuore manca la pace.
Dovremmo renderci conto che i conflitti che ci oppongono agli altri sono spesso conseguenza di situazioni conflittuali che noi sperimentiamo nel nostro intimo e nella nostra coscienza. Abbiamo, quindi, bisogno di rientrare in noi stessi e di ritrovare pace nella relazione con Dio, per guardare agli altri con uno sguardo pacificato. Ciò di cui c’è più bisogno è una terapia spirituale.
 
3.      La famiglia, sorgente generatrice di relazioni
Un’importanza particolare rivestono le relazioni nel matrimonio e nella famiglia. Sant’Antonio – come abbiamo rilevato – era molto sensibile a questo ambito. In realtà, la famiglia è la sorgente generativa dei legami più profondi e intensi. È nelle relazioni familiari, nei rapporti con la figura materna e paterna, con i fratelli e le sorelle, che si plasma la nostra personalità nei suoi atteggiamenti fondamentali.
La cultura, i costumi e gli stili di vita del nostro tempo hanno prodotto trasformazioni e crisi profonde in quella che rimane la “cellula fondamentale” della società.
La fede cristiana, mentre accoglie il positivo, propone con fiducia, al di là di tutte le evoluzioni culturali, la visione alta della famiglia fondata sul matrimonio fedele tra uomo e donna, aperta alla vita. Una civiltà non si misura forse dall’elevatezza dei valori che propone? O siamo invece rassegnati e pessimisti?
Il 18 maggio ultimo scorso ho chiuso a Valstagna il processo diocesano per la beatificazione di Mariacristina Cella Mocellin, morta nel 1995. È una figura splendida di giovane sposa e madre, che esalta i valori del matrimonio e della vita, mostrando come, con la grazia di Dio, è possibile e bello accoglierli e viverli.
Sono figure ed esempi come questi che siamo invitati a guardare e a proporre.
Dal 30 maggio al 3 giugno si è tenuto a Milano il VII “Incontro mondiale delle Famiglie”, con la partecipazione del Papa Benedetto XVI. È stato un incontro soffuso di fede e di serenità e di speranza. È questo spirito e questo stile che dovrebbe ispirarci.
Sostenere con specifiche misure la famiglia come indispensabile risorsa per il bene comune della società è un compito e una grande responsabilità dello Stato e delle Istituzioni pubbliche. Continuiamo a chiedere e a sperare che si risponda con fatti.
In sintonia con le richieste dei Vescovi italiani e di tanti lavoratori e lavoratrici, vorrei ancora una volta perorare la causa della festa e del riposo domenicale per il bene della famiglia. Il comandamento di Dio – “ricordati di santificare la festa” – rimane valido ed è finalizzato al bene della famiglia e della società.
Nella festa di Sant’Antonio presiederò la solenne Liturgia eucaristica nella Basilica di Sant’Antonio, meta di pellegrini provenienti dal mondo intero alla “Città del Santo”.
Pregherò Sant’Antonio perché interceda per tutti noi dal Signore di costruire una città in cui viviamo con serenità relazioni di amicizia e di pace, in cui nessuno si senta solo e abbandonato, in cui ci si saluta, ci si rispetta e ci si aiuta, in cui ognuno prende a cuore il bene di ciascuno e di tutti. Pace e bene!
 
 Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova
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