Il vescovo Alfredo Magarotto è tra le braccia del Padre

Si è spento, venerdì 22 gennaio, all'Opera della Provvidenza di Padova – mercoledì 27 gennaio alle 15 i funerali nella Cattedrale di Vittorio Veneto

Si è spento all’Opsa di Sarmeola, nel pomeriggio di venerdì 22 gennaio 2021, Mons. Alfredo Magarotto, vescovo emerito di Vittorio Veneto, oriundo Padovano. I funerali saranno celebrati mercoledì 27 gennaio alle ore 15 nella cattedrale di Vittorio Veneto, dove il feretro arriverà la mattina.


Sua Ecc. Rev. Mons. ALFREDO MAGAROTTO (Pernumia, 16.02.1927 – Sarmeola di Rubano, 22.01.2021)

 

«Abbiamo cercato di crescere insieme verso Cristo,
per mezzo di ogni cosa».


«Cercheremo di crescere insieme verso di Lui per mezzo di ogni cosa».

Le due espressioni, che si rifanno a Efesini 4,15, erano state pronunciate dal vescovo Alfredo, rispettivamente, durante il commiato dalla Chiesa di Chioggia e all’arrivo in quella di Vittorio Veneto. Sono le parole del motto episcopale, un preciso riferimento cristologico che torna nell’insegnamento del vescovo Alfredo, come il programma di un pastore desideroso di ricordare quanto i passaggi e le circostanze della vita possano portare tutti ad una migliore comprensione del mistero di Cristo. In fondo, gli elementi della fede cristiana – amava ricordare – sono proprio la fedeltà a Cristo e l’impegno a progredire ogni giorno verso di Lui, trasformando tutto in occasione di salvezza.

Don Alfredo nasce a Pernumia (Pd) il 16 febbraio 1927, in una famiglia di profonda fede e grande attaccamento alla Chiesa. Quinto di nove fratelli, tra i quali si contano anche un salesiano e tre suore salesiane, viene ordinato presbitero il 9 luglio 1950. Sono gli anni in cui a Pernumia è parroco il Servo di Dio don Lucio Ferrazzi che tanto ha segnato la vita delle famiglie, dei singoli e delle vocazioni. Della famiglia di origine rimangono ora Mosè, Agnese e suor Lia (attualmente in Centro America).

Don Alfredo viene subito inviato come prefetto e insegnante in Seminario Minore, di cui diventa adiutore nell’amministrazione l’anno seguente. Nel 1954 è anche adiutore nell’Ufficio amministrativo diocesano e delegato diocesano dell’Associazione cattolica esercenti cinema. Si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Padova e ottiene la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense, tanto che a settembre 1958 inizia l’insegnamento di diritto civile presso l’Istituto Barbarigo, mentre nel 1961 diventa insegnante di diritto amministrativo e diritto pubblico in Seminario Maggiore. Nell’agosto 1963 diventa assistente diocesano dell’Unione uomini di Azione cattolica e consulente ecclesiastico del Centro italiano femminile. Nel giugno 1966 è delegato vescovile per l’Azione cattolica e il Coordinamento dell’apostolato dei laici, mentre nell’ottobre dell’anno successivo diventa vicario vescovile per l’apostolato dei laici.

A marzo 1973 il vescovo Girolamo Bortignon lo vuole vicario generale della diocesi. Dopo qualche mese è canonico arcidiacono del Capitolo della Cattedrale di Padova e insegnante di pastorale in Seminario Maggiore. Del 1981 è il titolo di preposito (presidente) del Capitolo della Cattedrale. Riconfermato vicario generale nel marzo 1982, durante la messa crismale del 31 marzo 1988, a sorpresa, amministra l’unzione degli infermi al vescovo Filippo Franceschi, già minato dalla malattia e nel dicembre successivo, dopo la morte, gli succede come amministratore diocesano. Nel settembre dell’anno successivo, con l’arrivo del vescovo Antonio Mattiazzo, viene ancora una volta riconfermato vicario generale.

Il 22 febbraio 1990 è nominato vescovo di Chioggia: la consacrazione a Padova avviene il 24 marzo successivo, consacrante il cardinale africano Bernardin Gantin, assieme ai vescovi Sennen Corrà e Antonio Mattiazzo. Con l’occasione ripete le parole:

«Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà» (Eb 10,7).

«Si compia in me la tua parola» (Lc 1,38). 

Il suo ingresso nella diocesi lagunare avviene l’8 aprile 1990, domenica delle Palme. I sette anni di episcopato clodiense di Mons. Magarotto sono stati caratterizzati da un’intensa attività pastorale, che ha segnato profondamente la vita della diocesi. Tra gli orientamenti diocesani emergono la valorizzazione dei soggetti di pastorale (incentivazione dell’Azione cattolica, la collaborazione laicale), l’identità della parrocchia come comunità di fede, la rivitalizzazione dei vicariati (finalizzata alla dimensione familiare e collaborativa dell’azione pastorale). Vanno, inoltre, segnalate la cura per le vocazioni e per il Seminario, la grande attenzione ai preti (non facendo mai mancare vicinanza e benevolenza nelle situazioni più difficili, sia di ministero che di salute), l’attenzione al sociale, al lavoro, ai mezzi di comunicazione, alle esigenze di una nuova evangelizzazione, alle situazioni di povertà e bisogno. A Chioggia il Vescovo si fa conoscere a tutti per il suo disinvolto e veloce transitare, a piedi o in bicicletta, per le vie della città (anche fino a Sottomarina) e per la sua frequente presenza nelle diverse zone della diocesi, che si estende sino a tutto il Basso Polesine. Mons. Magarotto riesce a concludere la Visita pastorale che lo porta a incontrare tutte le comunità parrocchiali della diocesi, verificandone l’attività e incoraggiandone l’impegno di testimonianza cristiana, avviando anche in maniera organica il cammino di preparazione verso il Giubileo del 2000. Non mancano viaggi missionari (Papua Nuova Guinea e Thailandia), visite agli emigrati nel Nord Europa, incontri multietnici (Sarajevo).

Il 31 maggio 1997 è nominato vescovo di Vittorio Veneto e fa il suo ingresso il 29 giugno seguente. Nell’omelia di ingresso confida:

«Ho lasciato Chioggia, dove ho trascorso sette anni indimenticabili, per “passare all’altra riva”. Non ho attraversato mari in tempesta per giungere a Vittorio Veneto, ma non vi nascondo che un po’ di tempesta l’ho dentro il cuore».  

Nell’antica diocesi di Ceneda, il vescovo Alfredo arriva settantenne, ma la Chiesa vittoriese lo accoglie con grande affetto. Dopo due mesi dall’insediamento, nell’estate del 1997, esprime il desiderio di partecipare alla XIIa Giornata mondiale della gioventù a Parigi: col berrettino, il fazzolettone e lo zaino del pellegrino condivide con i giovani l’esperienza parigina. La fine dello stesso anno e l’inizio del successivo li dedica alla conoscenza della nuova diocesi e alla preparazione del Giubileo. A Vittorio Veneto mons. Magarotto è ricordato come il vescovo del grande Giubileo del 2000, vissuto principalmente come evento di fede e richiamo alla conversione. Ma non solo: è anche il vescovo che nel 1998 indice – sorprendendo tutti – la Visita pastorale, che avrebbe concluso poi nel 2002. Nella visita alle comunità incoraggia quanti operano “in prima linea” nell’evangelizzazione, ribadendo l’indispensabilità e la centralità della parrocchia.

Nonostante l’età, si spende senza risparmio per un territorio di cui tocca ogni angolo. Viaggiare non gli pesa, al punto che si reca in visita anche in Terra Santa e nei Balcani, come pure in Ciad e in Brasile dove raggiunge i preti fidei donum della diocesi. Gli stanno molto a cuore la pastorale vocazionale e il Seminario diocesano: non manca occasione per ribadire l’urgenza del sostegno e della preghiera per le vocazioni. I primi anni del nuovo millennio sono caratterizzati da momenti di dolore – in particolare la morte prematura di diversi presbiteri nella piena maturità umana e sacerdotale – che scuotono la diocesi e anche il vescovo, come emerge dalle sue accorate omelie di quegli anni.

Monsignor Magarotto manifesta anche grande attenzione verso i problemi sociali del territorio: ripetuti sono gli inviti all’accoglienza degli immigrati, al sostegno alle iniziative a favore degli emarginati, alla vicinanza alle popolazioni colpite da calamità naturali. Ma ciò che contraddistingue in modo peculiare il suo magistero è senza dubbio l’appello al primato della vita interiore e della santità: da qui i frequenti richiami alla preghiera e alla vita sacramentale. Il 21 settembre 2003, presiedendo per l’ultima volta l’avvio dell’anno pastorale, il vescovo Alfredo consegna alla diocesi una sorta di “testamento pastorale”:

«Non basta avere chiari obiettivi e convergenti intenti perché il nostro lavoro pastorale produca frutti di bene: è necessario che sia costantemente illuminato dalla Parola di Dio, ascoltata personalmente e comunitariamente, e venga sostenuto dalla preghiera e dalla grazia dei sacramenti».

Il 31 gennaio 2004 diventa vescovo emerito di Vittorio Veneto e passa qualche mese in Brasile, nello stato di Bahia dove operavano i missionari vittoriesi. Tuttavia nella diocesi sarebbe ritornato come amministratore diocesano, su richiesta del Collegio dei consultori, dal 2 luglio 2007 fino al 25 gennaio 2008, dopo la partenza del vescovo Zenti e fino all’arrivo di Mons. Pizziolo. Con attenzione e affetto, don Alfredo continuava a seguire la vita della diocesi, nei suoi momenti lieti e in quelli più tristi, quasi immancabile alle esequie dei presbiteri.

Per la Conferenza Episcopale Triveneto don Alfredo era stato responsabile della Pastorale sanitaria, così come della Pastorale sociale e del mondo del lavoro. Dalla Conferenza Episcopale Italiana, nel 1999, era stato voluto come membro del Consiglio di Amministrazione.

Con la conclusione del servizio a Vittorio Veneto, decide di tornare a Padova, chiedendo ospitalità presso l’Opera della Provvidenza di Sarmeola, contento della possibilità di farlo e del suo mettersi a servizio delle esigenze diocesane fin quando sarebbe stato possibile. Al compimento dei 90 anni (febbraio 2017) dichiara al settimanale diocesano di Vittorio Veneto, L’Azione:

«Sento il bisogno di dire un grande grazie alla divina Provvidenza per la sua continua protezione e ai miei familiari e a quanti mi hanno fatto del bene. In 90 anni di vita non ricordo di avere mai passato una giornata in malattia. Mi sento privilegiato, pur avvertendo un progressivo decadimento generale. Gran parte della giornata, oltre che alla lettura e ad eventuali visite, la dedico volentieri agli ospiti della Casa, oltre 600, che incontro nei vari reparti e laboratori o lungo la grande galleria centrale».

I fatti, le testimonianze, i ricordi delle persone e delle Chiese servite sono molto concordi e precisi nel delineare don Alfredo come uomo semplice, intuitivo, spiccato nell’ironia, laborioso, dal cuore e dai tratti di pastore. Possedeva una delicata umanità nel contatto con le persone, magari non facilmente percepibile al momento e tale da non renderlo immediatamente popolare. Era (quasi proverbialmente) uomo di poche parole, sia nel dialogo personale che nei discorsi pubblici, ma resta indubitabile la sua prossimità alle persone vissuta in punta di piedi, mediante gesti sobri e parole indovinate. Il vescovo Alfredo era timido ma non insicuro, mite ma determinato, discreto ma non assente, rapido nei contatti perché essenziali e comunque attento alle situazioni senza clamori. Dotato di pazienza, cautela, coraggio e umiltà, dava una efficacia solida alla sua attività pastorale, pur avvertendo con intelligenza le novità che andavano affacciandosi nella società e nella Chiesa locale.

«Fa’, o Signore, che fedeli al nostro battesimo e illuminati dalla tua Parola, possiamo camminare uniti a Te, in un solo corpo e in solo spirito, con il dono della carità, dentro la storia» (giugno 1997).

Il vescovo Alfredo aveva contratto il Covid 19, ma ne era uscito da tempo. La morte è sopraggiunta all’OPSA nel primo pomeriggio di venerdì 22 gennaio. Il funerale sarà celebrato nella Cattedrale di Vittorio Veneto mercoledì 27 gennaio, alle ore 15, presieduto dal Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia. La salma arriverà in Cattedrale direttamente da Sarmeola verso le 9.30 del mattino e, dopo le esequie, sarà tumulata nella Cappella dei Vescovi del Castello di San Martino, sede del Vescovado.

(La celebrazione sarà trasmessa in diretta su La tenda TV, Canale 112).

«Nelle mie preghiere metto sempre tante intenzioni, non dimentico mai le mie diocesi di Padova, Chioggia, Vittorio Veneto. Al primo posto ci sono sempre i giovani e le vocazioni».

 

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