19_#iorestoacasaepenso_ Marzia Filippetto

Questa situazione offre uno sguardo nuovo sul ministero ordinato?

“Questo” digiuno è gradito a Dio… se fatto con e per amore 

Carissimi presbiteri,

con il rispetto e l’affetto che nutro per il ministero ordinato, desideravo condividere alcuni pensieri che mi accompagnano nel “tempo” del coronavirus. Ho pensato che può essere oggi provvidenziale riscoprire la funzione sacerdotale dei laici. Il n. 34 di Lumen Gentium mostra come l’esperienza cristiana, rivela una sacramentalità collegata alla stessa azione dei laici. «A essi infatti – Gesù Cristo – concede anche una sua parte della sua funzione sacerdotale per esercitare un culto spirituale, affinché sia glorificato Dio e gli uomini siano salvati». Mi piace pensare che questo sia un tempo propizio per esercitare il culto spirituale da parte dei laici, che rinvia anche alla comunione spirituale. La liturgia delle ore, certamente è un’occasione favorevole per segnare il tempo e le giornate in casa. Lo stesso riferimento alla Parola, spesso non considerata come vera comunione alla vita di Dio e alla storia della salvezza, sta diventando importante nelle famiglie.

Questa situazione allora offre uno sguardo nuovo sul ministero ordinato, mai come in questa lunga quarantena al presbitero è chiesto di sostenere e incoraggiare nelle case la preghiera e l’ascolto della Parola, di accompagnare noi laici riuniti in “tante piccole chiese domestiche” e chissà che in molti laici si superi l’idea che i nostri sacerdoti siano “semplici distributori” di sacramenti.

In questi giorni senza messa e senza incontri, se da una parte possiamo riscoprire il valore della preghiera e delle relazioni vissute nell’intimità, dobbiamo ammettere che manca, ai presbiteri e ai laici, la comunità. Abbiamo nostalgia della comunità, verso la quale alle volte abbiamo qualcosa da ridire, forse perché avvertiamo vero quello che i Padri scrivevano all’inizio dell’avventura cristiana: unus cristianus, nullus cristianus, cioè un cristiano solo è un cristiano che vale nulla. Perché il Vangelo si vive insieme ad altri e l’apice della preghiera cristiana è una mensa di fratelli e sorelle che celebrano il Signore morto e risorto.

Mi auguro vivamente, per voi, amici sacerdoti, che non vi sentiate mai soli; mai anche se disorienta, durante la celebrazione eucaristica, alzare lo sguardo e vedere la chiesa vuota. Celebriamo tutti insieme, ognuno “stando nel proprio posto”.

Non limitatevi, amici presbiteri a ricordarci di vivere bene il nostro digiuno forzato dall’eucarestia. Ricordateci di diventare uomini e donne eucaristici. Dice papa Francesco «i cristiani non vanno a messa per fare un compito settimanale e poi si dimenticano ma la messa è come il chicco di grano, che nella vita ordinaria cresce e matura nelle opere buone».

Ricordateci che siamo donne e uomini eucaristici amando il marito o la moglie, giocando con i figli, lavorando (o quando purtroppo ci si ritrova disoccupati), stando in casa, e anche quando siamo “senza tetto”: in questa povertà quotidiana, amata dal Signore, sta la forza della nostra fede.

Aiutateci, amici presbiteri, ricordandoci che “questo” digiuno (dal contatto fisico, dalle piazze, dai luoghi di lavoro e di politica, e certo anche dai luoghi ecclesiali), è gradito a Dio, se fatto con e per amore.

La rinuncia alla celebrazione è difficile per tutti, ma la rinuncia permette di esprimere maggiore amore all’eucaristia, favorendo per tutti un approfondimento del rapporto personale con il Signore Gesù.

Trovo che sia anche un atto di solidarietà con tutti coloro che hanno desiderio dell’eucaristia, ma non la possono ricevere. Questo aiuta a dare la giusta attenzione a quella comunione spirituale che diverse volte si suggerisce quando s’incontra, il problema non risolto, dei divorziati che vivono una nuova unione.

La comunione spirituale è un movimento sincero ed efficace verso la vita. Cristo non è assente da coloro che si muovono verso di Lui. Allo stesso tempo non posso dimenticare che le nostre comunità rischiano di morire perché “sovralimentate”.

Un tempo di essenzialità aiuta a superare l’abitudine e a riscoprire il valore della spiritualità. Ci è dato di scoprire il dono che il Signore ci fa con la sua presenza e di sviluppare attenzione verso chi non ha la possibilità di avere questa presenza per mancanza di sacerdoti.

Il Covid 19 vi aiuti, amati presbiteri, a non sentirvi solo inviati, o troppo preoccupati del fare, ma a riscoprire la bellezza e l’importanza di essere stati chiamati a stare con il Signore per creare comunità di fratelli e sorelle che, illuminati dalla fede in Cristo morto e risorto, sono capaci di volersi bene e in virtù di questo amore sono in grado di evangelizzare il mondo.

Marzia Filippetto, collaboratrice apostolica diocesana, responsabile di Casa Madonnina (Fiesso d’Artico)

8 aprile 2020

 

 

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