ASSEMBLEA DIOCESANA
Mercoledì 18 giugno 2025
Padova, Basilica Cattedrale
Vorrei far memoria di alcune preghiere che attingo dal nostro patrimonio liturgico:
«Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra e qui convocata in comunione con il nostro Papa Leone, il vescovo Claudio, i presbiteri, i diaconi e tutto il popolo sacerdotale».
«Signore Gesù, che hai detto ai tuoi apostoli vi lascio la pace vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà».
«O Dio, che unisci un solo volere i cuori dei tuoi fedeli, fa che amiamo ciò che comandi e desideriamo ciò che prometti perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia».
Sono incessanti, continue e numerose le preghiere che innalziamo al Padre per chiedere il dono dell’unità e della comunione nella nostra Chiesa di Padova.
Per questa perseveranza della Chiesa orante, da sempre ho pensato che il servizio del Vescovo, come quello del parroco, sia di tenere insieme le comunità, quella diocesana per un Vescovo e quella parrocchiale per un parroco. Il Vescovo può contare soprattutto sulla collaborazione dei presbiteri e dei diaconi.
Più precisamente si tratta di unire la nostra voce a quella del Signore Gesù che, nel capitolo 17 di Giovanni, prega per l’unità dei suoi discepoli, affinché raggiunga la nostra esperienza ecclesiale e operi il miracolo della comunione.
Anche Papa Leone XIV ha iniziato il suo ministero petrino dicendo di sentirsi chiamato a servire l’unità della Chiesa cattolica diffusa su tutta la terra e nell’incontro con i presbiteri della sua diocesi di Roma il 12 giugno, ha detto: «La prima nota, che mi sta particolarmente a cuore, è quella dell’unità e della comunione. (…) Il Signore sa bene che solo uniti a Lui e uniti tra di noi possiamo portare frutto e dare al mondo una testimonianza credibile. (…) Il presbitero è chiamato ad essere l’uomo della comunione, perché lui per primo la vive e continuamente la alimenta».
Il riferimento ai presbiteri come incaricati e mandati quali segni e strumenti di unità e di comunione è prioritario, visto che vivono a tempo pieno in mezzo alle nostre comunità e sono ad esse dediti completamente, con un cuore indiviso, paterno e missionario. E sono mandati dalla Chiesa diocesana: Chiesa Madre!
Questo è stato l’intento con il quale mi sono mosso fin dall’inizio del mio ministero tra voi. L’unità è ovviamente attorno a Gesù, viene creata dal suo Spirito, ma richiede anche testimonianze, segni concreti, processi ed esperienze.
Ho individuato il Sinodo diocesano come massima opportunità per servire l’unità e la comunione della nostra Chiesa diocesana. Sinodo significa non solo “camminare insieme”, ma anche “sognare insieme, progettare insieme” un volto e un cuore della nostra Chiesa capaci di portare il Vangelo di Gesù.
Individuare insieme mete e orizzonti a cui tendere nella comune preghiera, nel confronto, nella corresponsabilità, ha comportato il lavoro di oltre due anni, il coinvolgimento di migliaia di persone, il discernimento di altre centinaia di cristiani e di cristiane che hanno dedicato preghiera, letture e dialoghi per ascoltare il popolo di Dio e discernere la sua volontà. Tanti hanno concorso mettendo insieme riflessioni e pensieri.
Abbiamo deciso insieme, noi con il Signore Gesù sempre davanti agli occhi e nel cuore, dove andare e quale comunità diocesana essere. Potremmo permetterci di affermare: “lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso”!
Si poteva osare di più? Certamente ma abbiamo fatto la fatica di coniugare i nostri ideali con la concreta situazione di tanti uomini e donne che con le nostre comunità cristiane condividono il quotidiano della vita e abbiamo ritenuto di poter compiere questi passi. Siamo in cammino noi, cioè questa carovana che è la nostra Chiesa e che non vuole separarsi da nessuno: i sogni ci attraggono ma chiedono di essere realizzati compiendo passi concreti con gradualità e progressività.
Accanto a noi, infatti, camminano giovani e anziani, uomini e donne, operai e intellettuali, italiani e immigrati e tante altre categorie: nella nostra diversità e pluralità siamo la Chiesa del Signore che vive in questo nostro tempo, in questa parte dell’Italia e del Triveneto .
Da 19 secoli i nostri padri parlano del Vangelo in queste terre. Adesso tocca a noi annunciarlo.
La memoria di San Gregorio Barbarigo, ad esempio, ci ricorda una delle tappe vissute dalla nostra Chiesa. Il gesto di onorarlo è riconoscimento delle sue belle fatiche apostoliche che noi siamo chiamati a proseguire. Non è ancora il tempo di separare il grano dalla zizzania e non spetta nemmeno a noi farlo.
Qualcuno pensava che tutto il lungo processo del Sinodo si sarebbe concluso con un documento! Il pericolo c’era e c’è ancora, ma questa serata dice che qualcosa si sta facendo, che il processo sta portando dei risultati. Il metodo stesso con il quale siamo arrivati a questa sera (così come ci sarà raccontato da don Leopoldo) è già attuazione del Sinodo. È faticoso camminare insieme: attendere i ritardatari, frenare i frettolosi, convincere i tiepidi. È faticoso cercare continue mediazioni, modificare parole belle, che sembrerebbero indispensabili, e utilizzarne altre meno precise; è faticoso avere chiara la meta già di per sé ardita e dover invece cercare strade più lente, sentieri più lunghi, dover ripetere con un continuo saliscendi di argomenti, motivazioni ed ideali. Ma ci siamo messi in cammino. La carovana è partita! Per il momento la Lettera post-sinodale con i documenti allegati non è chiusa in cassetti o collocata su scaffali, ma è nelle nostre mani.
Gli obiettivi raggiunti tuttavia sono solo l’inizio di un ulteriore percorso. Tra l’altro non siamo partiti da ciò che secondo la fede e la ragione era più importante ma da ciò che era più urgente. O meglio da ciò che permetterà di continuare a lavorare secondo quello stile sinodale che ha sempre contraddistinto la nostra Diocesi a partire dal dopo Concilio.
Il vero cambiamento, quello che potremo osare se stiamo uniti, e questa – come ho detto poco fa – è la condizione sostanziale per continuare a camminare insieme, portando ciascuno il proprio contributo, consisterà nel riconsegnare le nostre comunità parrocchiali ai cristiani, ai cosiddetti fedeli laici.
Rispetto al recente passato sarà un’evoluzione non una rivoluzione anche se non avrei timore a sottolineare che, per tanti tratti, è un’evoluzione che ci rinnova così profondamente da arrivare a ricercare le radici, le sorgive della fede cristiana. Abbiamo bisogno di rinnovarci e diventare “creature nuove”, comunità nuove che trasmettono il Vangelo in modo credibile e comprensivo.
Un teologo del Concilio e del dopo Concilio parlava di “ecclesiogenesi”: questo è il nostro momento. Per tempi nuovi, con uomini e donne nuovi, con linguaggi e sensibilità nuovi generiamo una Chiesa nuova che si muove sulla scia di quello che Gesù ci ha insegnato e lasciato. Lo Spirito prenderà dal suo Spirito e ci guiderà all’amore vero, alla piena comunione. Una Chiesa generativa è una Chiesa missionaria.
Lo Spirito del Signore risorto non ci abbandona: susciterà ministeri e carismi in tutto il popolo di Dio. Dobbiamo credere in Lui, nella sua opera, nel suo agire nella Chiesa padovana, anzi riconoscendolo perfino fuori dalla Chiesa. Ancora una volta si avvera la profezia di Gioele, citata da Pietro nella prima predicazione fatta dopo la discesa dello Spirito Santo: tutti finalmente si sentono responsabili, costruttori di Chiesa, dal più giovane al più vecchio, uomo e donna, bianco o di colore. Nel popolo di Dio, tutti sono profeti e portatori dei doni dello Spirito. La nostra Chiesa con le sue comunità sarà creata dallo Spirito e non sarà monopolio di qualcuno. Cercheremo quindi tra noi uomini e donne che lo Spirito ha arricchito con i suoi carismi e gli faremo spazio.
Qualcuno potrebbe dire che è utopia pensare che esistano queste disponibilità! Ma forse questo qualcuno, abbandonandosi al pessimismo, non ricorda che il Signore può trarre i suoi figli anche dalle pietre. «Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,3).
Così posso affermare che, come stasera compiamo il primo passo, quello più facile ma che indica che siamo in cammino, così se volete – “se amiamo ciò che Dio comanda” –, anzi se ci lasciamo animare dallo stesso Spirito, se restiamo uniti come unico santo popolo di Dio con i suoi cristiani e cristiane chiamati ai ministeri battesimali o istituiti, con i suoi presbiteri, diaconi e vescovo, con i componenti dei consigli pastorali parrocchiali, se ci lasciamo guidare dalla chiamata del Padre, dagli esempi di Gesù, dalla forza dello Spirito santo verremo portati alla verità dell’amore con la quale servire il mondo intero. Ci occuperemo di pace, di poveri, di bambini e giovani, di lavoro e di cultura ognuno secondo il proprio carisma: la messe è molta ed è pronta per essere raccolta.
Se questo delle Collaborazioni Pastorali è il primo, ci attendono altri passi, ancora più nuovi, più missionari!
Vi prego, non pensate che sia una semplice nuova struttura organizzativa quella che stiamo attuando: si tratta invece, almeno nella mia comprensione, di una nuova spiritualità: “«Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1). Il tempo e le energie che offriremo per annunciare il Vangelo e per edificare le nostre comunità sono vita nello Spirito, sono spiritualità.
Dal battesimo nasce la nostra dignità di figli; in quanto figli siamo eredi e quindi responsabili anche noi del patrimonio cristiano, patrimonio di fede e umano: non obbediamo ai padroni (il clero, i vescovi hanno spesso assunto questa immagine) ma nella libertà di figli ci sentiamo fortunati di appartenere a questa famiglia e ce ne assumiamo liberamente e responsabilmente paternità e maternità. Se chiamati risponderemo “eccomi”, come in tanti abbiamo già fatto, anche nel sacramento del matrimonio, dell’ordine e nella vita consacrata, tutti nel sacramento della Cresima.
In questo contesto di fede, in questa relazione con il Signore Gesù possiamo parlare di ministeri battesimali. Ne parleremo il prossimo anno, ma fin da ora vorrei dire che avranno il compito non di sostituire i preti o i diaconi ma insieme con loro, anzi con il loro aiuto, saranno chiamati a edificare le comunità di discepoli che come seme buono il Signore seminerà nella nostra terra: questi semi sono come quelli di senape, piccoli ma inizio del Regno di Dio che crescono, di notte o di giorno! Portano in sé la potenza dello Spirito e ci insegnano la sua pedagogia.
Pregate sorelle e fratelli perché questa nostra famiglia radunata dalla Spirito Santo nel nome del Signore Gesù possa offrire, insieme con il dono della vita di Gesù, il sacrifico della lode con la propria disponibilità al servizio del Regno.
+ Claudio Cipolla