Un preghiera particolare per quanti sono morti sul lavoro e un pensiero per i familiari, gli amici, i colleghi, i datori di lavoro

Il vescovo Claudio ha celebrato in cimitero Maggiore a Padova

Padova, 2 novembre 2022

In occasione della ricorrenza dei defunti – 2 novembre – il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella cappella del cimitero Maggiore di Padova, per poi percorrere in processione, insieme ai fedeli e ai numerosi parroci della città, i viali principali del cimitero, soffermarsi in preghiera davanti alla tomba del missionario comboniano martire e servo di Dio, padre Ezechiele Ramin, e benedire le tombe.

Durante l'omelia il vescovo ha ricordato ai presenti tutti di essere lì «a nome anche delle comunità parrocchiali e della città intera per indicare un bisogno sincero di consolazione: cerchiamo la consolazione spirituale proprio in questo contesto di desolazione, di nostalgia, di tristezza».

Al ricordo corale per tutti i fedeli defunti, quest'anno il vescovo Claudio ha desiderato chiedere

«una preghiera particolare per chi ha perso la vita sul luogo di lavoro. In questi ultimi anni, in Italia,  – ha ricordato – è cresciuto in modo esponenziale il numero degli infortuni e dei decessi di lavoratori, per questo ricordiamo tutte le famiglie che hanno perso un parente, i datori di lavoro e i lavoratori che hanno perso un collaboratore, un collega, un amico, e ringraziamo chi si adopera per ridurre i rischi degli incidenti. Con questa sofferenza nel cuore osiamo chiedere nella preghiera la consolazione del Signore. La morte sul lavoro ci coglie di sorpresa, impreparati. Riguarda sempre persone nella pienezza della loro vita, sostegni indispensabili delle loro famiglie, riferimenti per i colleghi: vite stroncate! Il nostro pensiero va ovviamente anche a chi sul lavoro è incappato in gravi incidenti, con conseguenze d’inabilità irreversibili».

Di fronte al dolore e alle domande sul perché di certi drammatici accadimenti il vescovo ha ricordato che «Il Signore non vuole mai la morte o la sofferenza di nessuno».

E se rimane impossibile trovare una risposta al «perché è successo?» è a Gesù che dobbiamo volgere il nostro sguardo e il nostro cuore.

«Il primo annuncio che ci viene offerto è un impegno che Gesù si prende: “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: io non lo caccerò fuori” e poi aggiunge: “La volontà di colui che mi ha mandato è che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”. Anche i nostri cari defunti, morti a causa della malattia o dell’età, morti sul lavoro o sulle strade, tutti i nostri cari defunti non vengono abbandonati, non sono abbandonati ma vengono custoditi dal Signore (non deve perdere nulla) per una misteriosa vita che noi non conosciamo ma che è stata inaugurata da Gesù con la Pasqua e da lui è stata promessa. Tutto della nostra fede di cristiani si muove a partire dal fatto che quell’uomo Gesù era morto (lo hanno verificato i soldati tanto che non gli hanno spezzato le gambe per dissanguarlo) ma ora è ancora vivo. È tornato dai morti, è apparso alle donne e ai suoi amici e compagni come dicono i Vangeli. Continua oggi a manifestarsi con segni e cambiando i cuori e la vita delle persone».

Ma c'è un secondo annuncio che il vescovo ha sottolineato, riprendendo la Lettera ai Romani: «Quando eravamo ancora deboli Cristo è morto per gli empi», quelli cioè che erano senza Dio, per i peccatori, per i nemici.

«Non dobbiamo quindi temere – ha proseguito mons. Cipolla – né possiamo permetterci di giudicare la fede degli altri ma piuttosto lasciarci guidare dal dono che i credenti ricevono dal Cristo risorto: uno sguardo di amore, quello sguardo che nasce dal profondo del nostro cuore. Dice Paolo: "L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori", quindi è con un cuore pieno dell’amore di Dio che noi pensiamo ai nostri cari defunti. Li crediamo inseriti nella pasqua di Gesù, viventi della stessa vita divina di Gesù. Se questo è vero allora la nostra consolazione non toglie il dolore ma apre il nostro cuore alla speranza. La speranza è un dono e un miracolo del Signore Risorto. Non dobbiamo dimenticarci di questo neppure quando la nostra fede è messa a dura prova da fatti drammatici e violenti, da ingiustizie, da incidenti, da malattie…».

Le nostre lacrime – ha concluso – «si trasformino in sudore e in impegno a migliorare le condizioni della vita, anche quelle lavorative: sono lacrime e impegni benedetti da Dio».

ascolta l’omelia

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