Don Gianni Gambin riposa tra le braccia del Padre

Il funerale si terrà giovedì 11 febbraio alle ore 15 nella chiesa di Masi

La Chiesa di Padova piange un altro sacerdote, don Gianni Gambin, morto all’ospedale di Padova lunedì 8 febbraio.

Il funerale si terrà giovedì 11 febbraio alle ore 15 nella chiesa di Masi.


don Gianni Gambin (Casale di Scodosia, 15.03.1943 – Padova, 08.02.2021)

Don Gianni, originario di Casale di Scodosia, era nato il 15 marzo 1943, secondo di cinque figli. La famiglia si era poi trasferita a Masi nel 1955 e quattro anni dopo il padre Silvio era venuto a mancare: la madre Maria si trovò a sostenere la famiglia, il lavoro nei campi e la stalla, tanto che il giovane Gianni, una volta entrato in Seminario, si sentiva in dovere di aiutare la famiglia quando vi tornava, anche lavorando nei campi.

Fu ordinato prete il primo giorno di aprile 1967, dopo essersi fatto conoscere negli anni di formazione come intelligente, vivace, generoso e convinto. Il gruppo di ordinati era valente e numeroso, anche se poi più di qualcuno ha lasciato il ministero e altri sono già da tempo nella casa del Padre. Nell’agosto successivo divenne insegnante nelle scuole medie del Seminario Minore. Nell’ottobre 1968 passò a Roma come studente presso la Pontificia Università Gregoriana, dalla quale tornò con la licenza in filosofia. Nell’autunno 1972 iniziò l’incarico di insegnante di filosofia nel Seminario Maggiore (antropologia filosofica, ateismo) e nelle Scuole di Formazione Teologica, nel frattempo prestando servizio nelle parrocchie di Arino, Sant’Anna di Piove e Agna, come collaboratore festivo.

Nel settembre 1990 diventò parroco di Deserto d’Este, ricoprendo anche l’incarico di vicario dell’allora vicariato di Villa Estense dal 1996 al 1999. Nel settembre 2004 rinunciò alla parrocchia e si ritirò nella Casa del clero di Padova. Una situazione di salute già difficile e le complicanze dovute al Covid 19, hanno causato la morte sopraggiunta all’ospedale di Padova nella serata di lunedì 8 febbraio.

Don Gianni aveva due zii preti: don Fortunato, primo parroco alla Guizza e mons. Mario, leggendario assistente diocesano di Azione cattolica, poi parroco di Rossano Veneto. Due figure esemplari e trascinatrici, guide appassionate del popolo cristiano, spiritualmente rette e solide, dalla fedeltà indiscutibile. Don Gianni era istintivamente simile agli zii per carattere, per generosità, intelligenza e operosità.

Don Gianni, pensatore brillante e conversatore elegante, più portato alla battuta geniale, all’intuizione e all’ironia che alla sistematicità, non aveva un’inclinazione accademica: essere docente del Seminario gli dava sicuramente piacere e fu sofferta la conclusione dell’incarico, ma gli interessi personali lo portavano anche altrove e, nonostante le speranze del vescovo Filippo Franceschi, don Gianni non completò gli studi di filosofia col dottorato. I suoi alunni lo ricordano, comunque, per le sue lezioni calde, i tratti umani e poetici, il soffermarsi su qualunque questione emergesse. Don Gianni visse inizialmente gli anni del dopo Concilio e anche gli anni della contestazione, pieni di fermenti e di attese: si metteva in sintonia con i tempi, accettava la discussione, offriva il suo contributo di riflessione e di idee, valorizzando sempre quanto gli studenti proponevano. E gli studenti sapevano che oltre all’impegno per lo studio, don Gianni si dedicava alla carità e all’ascolto di tante persone che avevano bisogno di aiuto, di consiglio e di speranza.

Durante la permanenza in seminario come docente non sono mancate le occasioni per interventi critici, anche pungenti e provocatori, in ordine all’impostazione ordinaria e formativa che in quegli anni andava mutando. Il suo stile di vita non era facilmente in sintonia con la metodicità dell’ambiente educativo e don Gianni, dotato di una sensibilità che arrivava all’esasperazione, era estremamente libero dalle formalità, dalle regole e dai limiti che percepiva come imposti. Don Gianni sentiva molto l’ideale di una Chiesa aperta, compagna di viaggio e promotrice di umanità, convinto che ci si dovesse arricchire dell’umanità di tutti. Col passare del tempo, motivi di temperamento, dovuti ai prolungati disagi di salute, lo resero talora irruento e poco paziente verso i passi più lenti di altri. La critica, del resto, non era immotivata, ma non scomparvero l’affabilità, la discorsività e il sorriso finale che sapeva sfumare le posizioni.

La vita pastorale concreta e le relazioni con la gente furono la passione e l’ambiente naturale di don Gianni. La canonica a Deserto rimaneva sempre aperta e scontata era la generosità del parroco, che spesso dava via le cose personali, senza calcoli, con prontezza e serenità, al punto da trascurare se stesso e soprattutto la salute. La sua vivacità temperamentale trovava riscontro nel favore, nella simpatia e nella cordialità che egli ha sempre donato e suscitato nella gente, ma anche nella varietà e nella molteplicità degli impegni pastorali. Essendo acuto, vivace, gioviale, sensibile alla modernità dei comportamenti e del pensare, il suo impatto con le persone e le attività pastorali è sempre stato pronto e vivace. Nel servizio di parroco aveva creato una grande sintonia con la popolazione, che lo seguiva apprezzandone il senso di umanità e godendo del linguaggio accattivante, ironico, suggestivo, capace di coinvolgere e parlare al cuore. Era attento alle persone più che all’organizzazione, don Gianni, tanto da relazionarsi con gente sbandata, con quanti apparentemente non sembravano interessati alla proposta cristiana o semplicemente erano alla ricerca di altro.

Del Vangelo metteva in luce i discepoli esemplari, l’umanità dei personaggi, gli stati d’animo che ne emergevano (quali il dolore, la gioia, la compassione, l’ordinarietà della vita). Apprezzate e mai scontate erano le sue riflessioni proposte a ritiri ed esercizi spirituali per le religiose o i preti, con l’abituale stile estroso, originale ed efficace, solido ed accattivante.

Un dono particolare fu quello delle amicizie fedeli, delle relazioni molteplici e diversificate: con i preti che avevano abbandonato il ministero, ad esempio, ma anche con i poveri, gli ammalati, i senza tetto. Grande impegno mise nel sostenere i giovani vittime della droga, indirizzandoli alle comunità di don Gelmini e a San Patrignano, curando anche i legami con le loro famiglie. Ostinatamente convinto nel fare il bene, aveva una grande sensibilità al sociale, donando a tutti un’amicizia vera e gioiosa. Ci fu nel tempo la collaborazione con Beati i costruttori di pace, ma non meno significativa quella con le suore elisabettine, delle quali frequentava Casa Maran (a Taggì di Sopra), l’infermeria di Casa Madre e Casa Santa Chiara (a Padova).

La salute negli ultimi anni, dato anche il calo della vista, gli aveva impedito di muoversi liberamente e di agire come avrebbe voluto: subentrarono, allora, le passeggiate per la città, i dialoghi affabili con chiunque, i passi lenti e le soste più diverse per lasciare un dono, una parola, un saluto, una battuta fulminante («Oggi mi sento tragicamente sereno»). In compenso, più di qualcuno passava a prenderlo per ascoltare da lui ancora parole appassionate, intelligenti e affettuose: come successo in precedenza, sorridente e gioviale, comprensivo e non giudicante, don Gianni continuava a farsi carico di preoccupazioni e sofferenze.

Le esequie saranno celebrate a Masi giovedì 11 febbraio, alle ore 15. Essendo impossibilitato il vescovo Claudio a presenziare, la celebrazione sarà presieduta dal vicario generale.

Don Gianni lascia il fratello Luigi (comboniano; Castel d’Azzano, Verona)), la sorella Gianna (Suore Francescane Missionarie di Cristo; Falano, Modena) e Candido (a Castelbaldo). Il fratello maggiore Lino era già deceduto in passato. Amante del canto, perché favorito da una bella voce con la quale cantava nelle liturgie solenni del Seminario e nei momenti di festa, don Gianni innalza ora al Signore della vita il suo canto di lode.

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