Ordinazione diaconale (2025)

19-10-2025

ORDINAZIONE DIACONALE

Domenica 19 ottobre 2025

Padova, Basilica Cattedrale

Omelia

 

Come sempre, il riferimento ai testi biblici guida la nostra riflessione e ad essi chiediamo di illuminare l’evento che stiamo vivendo: l’ordinazione di cinque diaconi per la Chiesa di Padova: Tommaso, Filippo, Marco, Domenico e Fabio.

La seconda lettura ci porta a riflettere sull’importanza della Parola di Dio nella nostra vita e nella vita della Chiesa: proclamare la Parola è il servizio più importante di chi nella Chiesa e per la Chiesa porta una responsabilità pastorale: il vescovo, i presbiteri, i diaconi, i catechisti, i genitori… e ogni battezzato è investito di questa missione. Anche i diaconi dunque sono incaricati del ministero della Parola. La stola di cui saranno rivestiti, anche quando non fosse visibile, conferisce loro questa identità.

Di fronte al nostro dovere di annunciare, i nostri cristiani e le loro comunità hanno il dovere di ascoltare e di accogliere la Parola: l’ascolto della Parola è indispensabile e necessario per chiunque voglia essere o rimanere un fedele di Dio e un discepolo di Gesù. Tanto ne siamo convinti che il nostro Sinodo ci ha consegnato il mandato di costituire piccoli gruppi che mettano al centro la Parola ed in essa immergano la loro vita.

Proclamazione della Parola ed ascolto della Parola suppongono una duplice fedeltà: fedeltà alla Parola di Dio trasmessa dalla Scrittura e fedeltà alla Chiesa di cui alcuni sono ministri autorevoli e riconosciuti. L’imposizione delle mani da parte del Vescovo vi accredita e qualifica di fronte alla Chiesa come appartenenti ad essa e capaci di parlare nel suo nome. Porterete nella difficile vita dei nostri fratelli e sorelle il tesoro che la Chiesa ha ricevuto e che vi affida.

Accompagnando il gesto con parole molto espressive, poserò nelle vostre mani di diaconi il libro dei Vangeli: non è un libro, è il sacramento della Parola che introduce all’incontro con il Signore Gesù.

La prima lettura è presa dal libro dell’Esodo:

In occasione dell’uscita dall’Egitto, prima di arrivare al Sinai, è collocato l’episodio, citato nel salmo 94, di Massa e Merìba «dove mi tentarono e i vostri padri e mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere» che si conclude con quella domanda polemica e scoraggiante, rivolta a Mosè: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,7)

Il testo prosegue: «Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim» (Es17,8). È l’incipit del nostro brano e sembra essere la risposta alla domanda dei lamentosi Israeliti, dal cuore indurito e ribelle.

Refidim è un luogo il cui nome mette insieme l’idea della debolezza e l’immagine delle mani. Refidim è un luogo dove le mani diventano e sono deboli; è il luogo o il momento in cui non bisogna farsi attaccare dall’avversario, perché si perderebbe.

Ma è proprio qui che Amalèk, ovviamente, sferra il suo attacco. E allora pensiamo alle nostre debolezze: le fragilità raccolte nell’infanzia, le nostre vulnerabilità psicologiche, le nostre paure. Fragilità che diventano piccole storie se guardiamo al nostro vivere quotidiano, tragedie immani e storia se guardiamo alle fragilità delle collettività di cui siamo parte. E quando le mani diventano deboli diventiamo preda degli avversari e dell’“Avversario”. Veniamo attaccati.

Chi scrive però sposta il nostro sguardo dal campo di battaglia – che evidentemente non interessa – alla cima del monte dove sono saliti Mosè con in mano il bastone, Aronne e Cur. I due sostenevano le mani di Mosè perché quel bastone è molto pesante. Quel bastone di fronte al faraone è diventato un serpente, quel bastone ha separato il Mar Rosso per far passare il popolo, sempre quel bastone ha fatto scaturire l’acqua dalla roccia.

Quando Mosè alza il bastone il popolo vince!

Questa è la risposta alla domanda rivolta a Mosè: il bastone indica la presenza di Dio che opera per e con noi. «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»: Sì, è con noi, sembra raccontare questa storia. Penso che anche il pastorale del Vescovo possa essere visto non come insegna di potere umano, ma richiamo alla potenza del Signore. E forse si potrebbe anche ricavarne l’immagine, complementare ad altri, di diaconi e di presbiteri che come collaboratori del vescovo sostengono le mani alzate verso il Signore perché è solo Lui che vince: «Il mio aiuto viene dal Signore» abbiamo ripetutamente cantato, intervallando le strofe del salmo.

Le mani della vedova di cui Luca ci parla nel Vangelo (ieri abbiamo celebrato una solenne festa presso le reliquie del suo corpo custodito in Santa Giustina) sono mani alzate. Hanno in sé la forza di chi, disperato, ha sete di giustizia. La forza è descritta dall’insistenza e dalla perseveranza: un grande insegnamento per le nostre preghiere e per lo stile della nostra amicizia con Gesù!

La domanda conclusiva di Gesù sembra una ripresa di quella degli israeliti: Ma «il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà ancora fede sulla terra?».

Si tratta di vedere, di sentire, di toccare la presenza di Dio – anzi del Padre perché come tale lo conosciamo – nella nostra vita e nella nostra storia: Gesù è annunciato da Isaia con il nome di Emmanuele: il Dio con noi!

Le nostre mani alzate verso il cielo – come faremo nella preghiera del Padre nostro –e le mie mani imposte sugli ordinandi per la preghiera di ordinazione illustrano la storia di cui siamo conoscitori, custodi ed annunciatori: il Signore è con noi, in mezzo a noi! Ci ha pure consegnato quel bastone, il vessillo della sua presenza e della sua opera di amore. Quel bastone è giunto a noi con la forma della croce, la sua croce che porta senso e salvezza. Anche al tempo del popolo di Israele se si veniva morsi dai serpenti velenosi chi guardava al serpente innalzato veniva salvato.

Alziamo i nostri occhi non più ai monti, sede di tante divinità illusorie, ma al Signore perché il mio e nostro aiuto vengono da Lui, Lui è vicino a noi come ci è vicina la nostra ombra.

Cari diaconi – Tommaso, Filippo, Marco, Domenico e Fabio – e cara Chiesa, irrobustiamo le mani stanche, fiacche e le ginocchia vacillanti.

Per non cadere nella battaglia che ognuno dovrà affrontare nella vita, manteniamo con tanta insistenza il nostro cuore presso il cuore di Gesù ed alziamo gli occhi sul colle dove è stato Mosè e su quello dove è stato Gesù: ricorderemo sempre e gioiremo sempre per la sua presenza accanto a noi. «La Speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori».

“Sì, lo voglio” direte di fronte alla nostra assemblea ma noi capiremo anche “Sì, credo!” .

+ Claudio Cipolla, Vescovo

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