GIUBILEO DEI SINDACI
Venerdì 3 ottobre 2025
Opera della Provvidenza S. Antonio – Sarmeola di Rubano
È per me sempre un grande piacere potervi incontrare e vi ringrazio per la generosità con cui rispondete ogni anno a questo invito. Un gesto che apprezzo grandemente sapendo la densità di impegni che affolla le vostre agende.
In questa vigilia della festa di san Francesco, patrono d’Italia, abbiamo pensato di celebrare insieme un tempo giubilare riservato a voi sindaci e amministratori della “Res publica”, con il desiderio che possa essere segno di una nuova ripartenza anche nel vostro ruolo di governo.
Ci siamo dati appuntamento in questo luogo – l’Opera della Provvidenza S. Antonio – che per la nostra Chiesa è simbolo di carità. E il giubileo si sostanzia proprio nell’amore agli ultimi e nella speranza di risollevarsi da ogni condizione.
Il tema scelto per il nostro incontro trova la sua motivazione proprio nel giubileo: tempo istituito, fin dall’antichità, per porre fine ad ingiustizie e disuguaglianze e tempo di tregua da ogni guerra o controversia.
Viviamo una porzione di storia martoriata dalle guerre, non più solo economiche e finanziarie, ma armate. Guerre sempre più estese e perduranti. Siamo ormai oltre una guerra mondiale a pezzi, siamo piuttosto in una situazione di guerra mondiale combattuta a zone; tutti i Paesi sono infatti implicati in questi conflitti. E oltre alle armi che uccidono e distruggono c’è, e lo vediamo sempre più spesso a livello internazionale, la mancanza di un dialogo costruttivo: la diplomazia sembra aver ceduto il passo all’aggressività del linguaggio e alla provocazione, riducendo la possibilità di trovare reali vie di incontro, e quindi di pace.
La politica fatica a trovare linguaggi e modalità diverse dalla polarizzazione delle posizioni, dall’arroccamento talvolta pretestuoso e paralizzante; con forme di attacco all’avversario, che impediscono di vedere nell’altro una controparte con cui confrontarsi.
Purtroppo anche nelle relazioni interpersonali l’atteggiamento di difesa dall’altro sfocia in eccessi di indifferenza o di aggressività. Anche verso le istituzioni è così: dall’ignorarle sfruttandone i benefici e spesso senza il rispetto delle regole, al farne oggetto di pretese e attacchi.
In tutto questo la comunicazione tutta e in particolare sui social non aiuta, e credo sia uno spazio su cui siamo chiamati a vigilare e a dare l’esempio, perché gran parte della vita delle persone si consuma sui social e gran parte del pensiero si alimenta delle notizie, delle opinioni e delle conversazioni che vengono postate nei vari profili.
Il nostro stesso stile comunicativo può essere un’opera educativa e di grande carità per gli abitanti del Comune che siete chiamati a governare, una comunicazione non violenta agevola la comunione e favorisce l’ascolto reciproco e il confronto nelle decisioni.
Venendo al vostro incarico, non vi nascondo il mio sentimento di solidarietà e la mia comprensione anche nella fatica di dover affrontare situazioni conflittuali. Per altro già l’essere sindaco/a di un Comune è il risultato di un contrasto, seppur gestito nell’ambito delle campagne elettorali, che si conclude con l’esito delle urne. Queste pongono solo fine al primo round del conflitto, per lasciare spazio al secondo round: il tempo di reggenza dell’amministrazione di chi ha ottenuto il consenso.
I processi elettorale e amministrativo sono certo conflittuali, ma proprio qui possiamo avere un esempio di distruttività prodotta dal conflitto o addirittura di edificazione.
Il conflitto, infatti, non è di per sé negativo. È parte del nostro vivere e spesso è energia del cambiamento; non va temuto, ma piuttosto va governato proprio perché sia tramite alla composizione delle differenze e delle contrapposizioni.
Negare i conflitti è pericoloso quanto fomentarli. Ecco perché è nostro compito allenare l’ascolto attento alla realtà, comprendere le ragioni dei disagi che pongono in contrasto le persone e i gruppi tra di loro o con l’istituzione, prevenire comportamenti scorretti, condividere scelte politiche, contrastare le ingiustizie e le discriminazioni, progettare servizi e spazi accoglienti.
Una politica, preoccupata che ciascuno si realizzi al meglio, esprimendo tutte le potenzialità che possiede come singolo o soggetto intermedio, è una gestione autorevole del potere che favorisce la comunione nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze.
Certo, governare i conflitti è un’arte difficile che richiede di essere animati dal desiderio di tessere l’amicizia sociale. Un’esperienza che si costruisce attraverso il dialogo, che, come ci suggerisce l’enciclica Fratelli Tutti, è quell’opzione sempre possibile tra l’indifferenza egoistica e la protesta violenta. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia, ma aiuta silenziosamente il mondo a vivere meglio. È proprio questo dialogo paziente che tiene insieme famiglie, comunità, paesi…
La prima attenzione, per nulla scontata, va rivolta al dialogo interiore, con l’umiltà di ascoltare il conflitto interno alla nostra coscienza. Si tratta di un conflitto positivo perché ci allerta che il bene potrebbe essere in pericolo. È faticoso ascoltarlo ma forse conviene per non correre il rischio che siano l’istinto e l’abitudine a muoverci.
Non è un concetto nuovo, ma vorrei ricordare a me, a voi tutti, l’importanza di assumere una postura di discernimento che accetti la fatica del contrasto interiore tra bene e male e ricerchi con gli altri il miglior bene possibile.
Vi sono alcuni valori permanenti che, se riconosciuti, conferiscono stabilità e solidità a un’etica sociale.
La buona politica ha bisogno di guide capaci di discernere il bene, di mediare i conflitti e di ricercare continuamente il miglior bene per tutti.
Possiamo, insieme, avviare processi di incontro che costruiscono società capaci di raccogliere le differenze e rendere tangibile il principio che l’unità è superiore al conflitto.
San Francesco ci insegna che la vera forza sta nella mitezza, virtù che permette l’incontro con tutti nel rispetto e nella stima reciproca e permette di dialogare anche con chi sta agli antipodi per cultura, posizione sociale, religione, atteggiamento… dal mendicante al sultano.
Abbiamo bisogno di questi esempi di vita, che, riconoscendo una bontà superiore e da cui si sentono amati, ci riportano all’essenziale delle relazioni con noi stessi, con gli altri, con la creazione.
Vi auguro di aprire sempre nuovi processi di dialogo e comunione fraterna nei vostri territori e parafrasando alcuni versi dal libro di Tobia ci auguriamo di non fare a nessuno ciò che non piace a noi e di non far mancare il necessario a chi è nel bisogno. Chiediamo consiglio a ogni persona che sia saggia e non disprezziamo nessun buon consiglio. In ogni circostanza benediciamo il Signore e domandiamo che ci sia guida nelle nostre vie e che i nostri sentieri e i nostri desideri giungano a buon fine.
+ Claudio Cipolla, vescovo
