ESEQUIE DON GIUSEPPE CASSANDRO
Martedì 29 luglio 2025
Chiesa del Sacro Cuore – Abano Terme (Pd)
Omelia
Lasciamoci anche noi consolare da Gesù, il Signore, come hanno fatto Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, amiche di Gesù.
Oltre ai gesti, alle parole, agli sguardi degli amici, oltre ai sentimenti di vicinanza fraterna e, per un parroco, filiale – che sono balsamo per la ferita inferta dalla morte di don Giuseppe –, lasciamo che entri anche Gesù, che entri in questa assemblea, nel nostro dolore, così come è entrato nella casa di Marta e di Maria. È Gesù il nostro altare, colui che presiede questo incontro, il sommo sacerdote. È Lui il profeta che ci parla del Padre.
Quando seppe che Gesù le stava raggiungendo, Marta gli andò subito incontro, mentre Maria stava seduta in casa: due atteggiamenti istintivi, due reazioni diverse per condividere il dolore con un amico, due modi personali per richiamare l’attenzione di Gesù e per averlo vicino, due forme di preghiera.
L’atteggiamento di Maria, che non è uscita di casa, e le parole di Marta: «se tu fossi stato qui», testimoniano la delusione: l’avevano pregato di venire subito, appena saputo della malattia di Lazzaro, allora forse avrebbe potuto fare qualcosa.
Come loro anche tanti di noi hanno pregato quando si è saputo del tumore, ma il Signore non è intervenuto. O meglio è intervenuto non come speravamo noi ma dando forza, una forza inaspettata nella sua condizione, arricchendolo di ironia e mantenendogli il sorriso negli occhi e sul volto.
La nostra natura di creature fragili ci porta a cercare e maturare pace con le nostre debolezze e le nostre malattie. Siamo uno spirito divino che vive in un corpo di uomo, in un’abitazione terrena.
Il servizio che ho affidato a don Giuseppe e che per numerosi anni con dedizione e competenza ha svolto chiede che mi soffermi nel dire che anche la scienza medica, l’organizzazione della cura, la socializzazione della malattia e della debolezza sanno che la nostra creaturalità va amata, che la fragilità va accolta e condivisa, che la malattia va curata perché dentro questo nostro corpo vive un amico di Gesù, dentro ogni corpo, per quanto consumato e deturpato c’è la dignità di un figlio di Dio.
Non è vero che il Signore non è venuto in tempo e che non ci ha ascoltati. È vero, invece, che ci ha chiesto di essere uomini e donne che sanno stare accanto, ai piedi della croce di un povero Cristo, aggredito dal male. Per questo motivo ho incoraggiato don Giuseppe a restare al suo posto, in questa parrocchia, offrendo a questa comunità l’opportunità spirituale di arricchirsi della vicinanza di Gesù a don Giuseppe.
Come Marta e Maria con il loro diverso linguaggio, ci aspettiamo che Gesù preghi con noi il Padre della vita: sappiamo che «qualunque cosa egli chiederà al Padre, a Dio, Dio gliela concederà», «Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per mezzo di Lui».
È forte, misteriosa e portatrice di grande speranza, infatti, la presenza del Signore in mezzo a noi: Lui è il vivente, Lui ha vinto la morte!
In questa assemblea, infatti, annunciamo la sua morte e proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa che tutto venga riassunto nella sua vita divina, eterna, quando questo povero corpo, come un seme che cresce e matura, troverà la sua piena realizzazione.
Dopo aver preso parte al banchetto dell’Agnello, comunicando con il corpo di Cristo tramite il pane, con il rito delle esequie e con l’aspersione dell’acqua faremo memoria del nostro ingresso nella nuova creazione, avvenuto con il battesimo e dopo aver onorato la breve storia di don Giuseppe con il profumo dell’incenso, consegnerò alla vostra comunità del Sacro Cuore un cero che accenderò al cero pasquale: con questa consegna vorrei coinvolgervi nell’evangelizzare la morte di don Giuseppe con le parole di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Con questa luce, quella della Pasqua di Gesù, quella della sua Parola di vita eterna desidero invitarvi a guardare alla morte, anzi alle morti, e a proclamare la certezza che la Chiesa custodisce e dona a tutti: la vittoria della vita e della Risurrezione.
Consegno questo cero a ciascuno di voi, ma soprattutto alla vostra comunità del Sacro Cuore perché le dinamiche relazionali con le quali ci rapportiamo a Gesù e alla sua Parola, sappiano cogliere la sua presenza consolante e vivificante. E perché anche nel tempo che passa, nelle fatiche che si presentano questa fiamma resti viva nei vostri cuori: custodite e alimentate la luce della Pasqua con la vostra fraternità, la vostra vicinanza ai fragili, la vostra preghiera. Con questa luce pasquale leggiamo la nostra vita e la nostra storia; con questa luce pasquale affrontiamo i nostri impegni professionali, i nostri doveri di cittadini, testimoniamo la riconciliazione con la nostra natura umana, lavoriamo per la pace.
Con questa luce guardiamo la morte.
«Dio è amore», «Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il suo amore è perfetto in noi».
Porre dunque Gesù e la sua Pasqua al centro di questa assemblea, delle sue emozioni e delle sue riflessioni significa credere e testimoniare l’amore che Dio ha per noi, per ciascuno di noi come per don Giuseppe.
Guardiamo a Lui e, anche di fronte, alla morte saremo raggianti!
+ Claudio Cipolla