DOMENICA 8 MAGGIO 2022
ANNUNCIO
Dal Dio degli eserciti al Dio della pace
Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Gv 10,14
«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Mentre Gesù pronuncia queste parole come vittima innocente e disarmata, che sta per consegnarsi liberamente nelle mani di quanti lo metteranno in croce, c’è chi ha usato recentemente questa stessa espressione per giustificare un attacco militare offensivo, mandando allo sbaraglio e al massacro giovani vite umane.
Non è affatto rara la tentazione di rivestire sacralmente forme di potere, ideologie, comportamenti che nulla hanno a che vedere con la Bibbia. Questa forma di idolatria è criticata dagli stessi testi sacri. È vero, le pagine dell’Antico Testamento raccontano anche di un Dio degli eserciti, che sostiene il suo popolo durante le battaglie con i propri nemici, che sembra addirittura legittimare lo sterminio degli avversari. Si tratta di pagine dure, scomode, sicuramente fastidiose per quanti si adoperano nella costruzione di una cultura della pace. D’altronde, la Bibbia è Parola di Dio in parole umane: per questo, nelle sue pagine è presente tutto l’umano, anche quello scomodo e che non vorremmo vedere, eppure fa parte di noi, come, per esempio, la violenza.
Conoscendo un po’ meglio i cosiddetti “generi letterari” che caratterizzano i testi biblici, quelle pagine possono essere comprese nel messaggio più profondo che esse vogliono annunciare in vista della nostra salvezza. Nemmeno il Dio del Primo Testamento, infatti, legittima la guerra in quanto tale: i suoi eserciti non sono come quelli terreni, bensì sono celesti. Lo ricorda Gesù stesso, mentre veniva arrestato e i suoi discepoli volevano difenderlo con la spada, come fanno gli uomini: «O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli?» (Mt 26,53). Parlare di un Dio “cattivo” e guerrafondaio dell’Antico Testamento e di un Dio buono e pacifico testimoniato da Gesù nel Nuovo Testamento è quantomeno improprio.
Dio desidera e opera sempre la pace. Lo ricorda il profeta Isaia: «Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4). Dio fa guerra al male, nelle sue varie forme, ma non alle persone che compiono il male. Egli si adopera perché gli strumenti di guerra e distruzione siano trasformati in attrezzi per la coltivazione e la custodia del creato e dell’umanità. In tal senso, egli è il buon pastore, che guida il popolo con lo stile della mitezza e dell’umiltà, come Gesù ha ben mostrato facendo il suo ingresso festoso a Gerusalemme, pochi giorni prima di Pasqua. La sua cavalcatura è un puledro, non un cavallo. Quest’ultimo, infatti, nella Bibbia è un animale per la guerra e la battaglia. Il puledro, invece, è l’animale del Messia, che esercita il potere non con la violenza e la prepotenza, bensì come servizio umile e mite.
don Andrea Albertin, biblista, Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova