Messaggio del vescovo Antonio per la festa di sant'Antonio


LA LINFA DEL VANGELO PER UNA RINNOVATA VITA CITTADINA 
La festa di Sant’Antonio mi suggerisce anche quest’anno di rivolgere alla nostra città di Padova un messaggio ispirato dalla figura del Santo. Egli ha segnato profondamente il suo profilo e la sua storia, offrendo una splendida testimonianza di vita evangelica che dalla fonte del Vangelo ha attinto e profuso sulla città la grazia di un rinnovamento profondo dei cuori, delle coscienze, delle relazioni sociali, fondate sulla giustizia e la solidarietà, aperte su orizzonti di universalità e di speranza.
 
Abbiamo avuto ancora una volta una chiara dimostrazione dell’attualità del carisma di Sant’Antonio donato alla nostra città, con l’evento dell’ostensione delle reliquie del Santo, che si è svolta dal 15 al 20 febbraio di quest’anno. Un numero elevato di persone – calcolate in centinaia di migliaia – dalle più diverse provenienze sono accorse a Padova per venerare le reliquie. Si è verificato un fenomeno che ha suscitato sorpresa in una società e per una cultura spesso appiattite su una visione orizzontale e materiale della vita, ponendo seri interrogativi sul suo significato. Vi sarebbe da aggiungere che il 1° maggio, come negli anni precedenti, sono stati gli immigrati dello Sri Lanka, provenienti da ogni parte d’Italia, a raccogliersi nella Basilica del Santo.
 
Che cosa muove nell’intimo tutte queste persone? Esse percepiscono Sant’Antonio come un “amico” vicino a Dio, ministro dell’amore e della misericordia di Dio che porge aiuto nelle prove e nelle tribolazioni della vita, che è sostegno, infonde speranza ai poveri. È l’espressione di una fede semplice, concreta, ma non per questo meno genuina, molto simile a quella delle folle che accorrevano a Gesù per trovar guarigione e una luce di conforto e di speranza. Queste persone intuiscono che le risorse puramente umane della società, anche le più progredite, non sono in grado di rispondere ai bisogni e alle aspettative più profonde della vita, perché la persona non è riducibile alla sola sfera mondana. In verità, la fede non è evasione dalla realtà, è realismo totale e fiducioso; non è orgogliosa autosufficienza, ma umile apertura a Dio, a cui nulla è impossibile. La scelta della fede – oggi – è scelta di vera libertà, di coraggio, di profondità. D’altra parte è illusorio fondare la vita sul benessere e il consumo di beni materiali. Studi recenti indicano che, oltre una certa soglia, il benessere materiale non produce felicità, bensì malessere. L’esperienza lo conferma. Non giova quindi, anche per questo, adottare nuovi modelli e stili di vita, coltivando anzitutto i beni relazionali interpersonali ispirati dalla verità e dall’autentico amore?
Ma la prima e costitutiva relazione – non dimentichiamolo – è quella con Dio, perché la persona umana è e rimane «immagine e somiglianza di Dio» (Gen 1,26).
 
II 18 marzo di quest’anno, a conclusione della Via Crucis iniziata nella Cattedrale, la Basilica del Santo ha accolto non dei pellegrini di altre città, ma dei fedeli delle parrocchie cittadine e dei numerosi “movimenti” ecclesiali presenti in città. È stato un momento forte della Quaresima. Abbiamo sostato in sei “stazioni” poste nelle piazze, davanti al Municipio, all’Università, in Prato della Valle. La passione di Cristo ha incontrato la passione dell’uomo e raccolto le sue sofferenze per infondere perdono, fortezza e speranza. Abbiamo ricordato e pregato per chi è sofferente nel corpo, nella psiche e nello spirito, per i tanti anziani soli, per i giovani che guardano con preoccupazione al loro futuro o sono caduti vittime di dipendenze alienanti, per i tanti disoccupati. Il Municipio e l’Università rappresentano istituzioni nevralgiche per una convivenza ordinata, giusta e solidale al servizio del bene comune e per uno sviluppo che elevi gli uomini fatti «non a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza» (Dante, Inferno, Canto XXVI).
La mia impressione è che la società stia soffrendo le conseguenze di scelte sbagliate e ambigue fatte negli anni ‘60-70 del secolo scorso nel nome di una libertà concepita come autonomia assoluta del soggetto, che si considera unico autore di se stesso, della propria vita e dei valori. È un errore ed una presunzione che si pagano a caro prezzo. Senza la relazione a Dio, la vita dell’uomo non ha vera consistenza; senza la Sua grazia, la vita morale è un fallimento, il male finisce per diventare necessario ed essere giustificato. Nella concezione biblica il peccato non fa parte della natura umana, altrimenti l’uomo sarebbe necessariamente cattivo; ma il “peccato originale” ha intaccato e indebolito le facoltà umane, per cui, senza la grazia di Dio (la Parola di Dio; i sacramenti; la vita della comunità cristiana) l’uomo è vinto dalle passioni e sceglie il male. Il papa Benedetto XVI lo ha ricordato nell’Enciclica Caritas in veritate in cui leggiamo: «La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente il peccato originale anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società: “Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi”» (n. 34).
 
Questa sapienza ci fa comprendere che la crisi è anzitutto di ordine spirituale e quindi morale e ci domanda una conversione. Conversione di ordine spirituale e morale se si vuol vincere l’idolatria del profitto materiale, mali sociali quali la disoccupazione, la diffusione tragica della droga, la disgregazione della famiglia. Faccio un appello perché sia affrontato seriamente il declino demografico della città. Con così pochi bambini quale futuro potrà avere? Provo sofferenza per le tante persone depresse ed ho anche l’impressione che molte persone si portino dentro l’anima ferite laceranti e profondi sensi di colpa che invano cercano di rimuovere e alleviare con evasioni o terapie psicologiche.
 
Altre hanno rinchiuso l’orizzonte della vita nella ricerca del benessere psico-fisico attraverso la frequentazione dei luoghi di wellness e di tecniche orientali. Non basta, se il fondo dell’anima rimane vuoto. Alla fine, rientrando in se stessi, di fronte alle esperienze negative della vita e alla morte si coglie la vanità di tutto.
La città, con tutti noi che la abitiamo, ha bisogno di un profondo rinnovamento spirituale anzitutto, di una ricarica di speranza vera. Guardiamo a Sant’Antonio: tiene in braccio Gesù Bambino, Dio fatto uomo umile e povero, e il Vangelo. Sono i riferimenti, gli ideali, gli appoggi più alti e consistenti per una vita personale e sociale ricca di significato e di autentico umanesimo. Sant’Antonio ci invita e ci incoraggia oggi a fidarci del Signore e con questa fiducia a intraprendere un vero rinnovamento, a riscoprire le sorgenti che danno linfa all’esistenza. Ascoltiamo. Scuotiamoci dalla pigrizia spirituale, liberiamoci dalle dipendenze sbagliate, dagli stereotipi che ci rendono prigionieri; tendiamo alla verità con libertà e coraggio interiore.
 
Una grande risorsa di rinnovamento è costituita dalle parrocchie che innervano il tessuto della città. Sono 68, alle quali occorre aggiungere le comunità etniche che si sono formate in questi anni con la guida di un sacerdote della madre patria: comunità africane (anglofona e francofona), romena-moldava (cattolica di rito latino e di rito bizantino, ortodosse), filippina, croata, cingalese, ucraina, latino-americana. Queste comunità etniche svolgono un ruolo importantissimo di aggregazione e di integrazione, nel mantenimento delle proprie radici religiose-culturale. Le parrocchie si propongono come
 – case di comunione
 – scuole di formazione
 – ponti aperti sul territorio.
 
Sono comunità attive nella carità, nella vicinanza agli anziani, ai malati e ai poveri. Propongono esperienze di spiritualità e cammini per risvegliare la vita di fede e darvi più solide motivazioni.
Nelle parrocchie, al Santo o nel santuario di San Leopoldo o nella chiesa del Corpus Domini (Santa Lucia) ci sono, inoltre, i luoghi dove ricevere il perdono di Dio come balsamo per i sensi di colpa che intristiscono l’anima, sperimentare la pace del cuore, risalire in alto. Se non ci fossero, quale volto presenterebbe la città? Dove andrebbero a cercare aiuto e conforto tante persone?
L’essenziale e lo specifico delle comunità cristiane non è tanto quello di essere o sostituire l’apparato sociale; è soprattutto educare ad una fede matura, all’incontro con Gesù Cristo e al suo progetto di vita, e quindi aprire gli uomini alla comunione con Dio, a quell’Amore che vuole abbracciare e rinnovare il mondo, educando i cuori ad aprirsi al senso più profondo ed eterno della loro esistenza e a sperare nella realizzazione felice della vita. Il compito delle parrocchie è di rispondere al profondo bisogno e all’esigenza, non di una religiosità vaga e superficiale, ma ad una esperienza autentica di Dio capace di appagare il desiderio profondo di quell’Assoluto che l’uomo cerca invano se si ferma nell’esperienza del relativo. In questa prospettiva meriterebbe d’essere considerato con gratitudine l’impegno pastorale dei nostri preti che vivono in mezzo al popolo, nel servizio del Vangelo, in prima linea con i poveri, nell’accoglienza degli immigrati, nella vicinanza agli anziani e malati, nella passione educativa verso le famiglie e le nuove generazioni, nella proposta impegnativa dei centri parrocchiali, nei campi scuola e nelle associazioni. Il bene immenso che fanno, la speranza che infondono non dovrebbero essere oscurati dai pochi casi connessi con l’infermità della natura umana.
Celebrando la santa messa alla Basilica del Santo il prossimo 13 giugno, pregherò in modo particolare il nostro patrono affinché interceda presso Dio un vero rinnovamento per la nostra città e i suoi abitanti e conceda a tutti misericordia, conforto, pace e speranza.
 
Antonio, Vescovo
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