La quinta porta della carità

Entriamo a Sant’Anna di Piove

Festa dei Popoli

Ha i colori del mondo la porta della carità di Sant’Anna di Piove di Sacco: è segnata dalla fatica dell’incontro tra popoli e culture diverse, ma risplende dalla bellezza del camminare insieme e dalla ricchezza del condividere.

Entriamo insieme con quattro chiavi: la compagnia che si fa annuncio, l’aiutare nel rispetto, il farsi domande e la concretezza.

 

chiave      La chiave della compagnia che si fa annuncio

La carità chiede e spinge a non fermarsi mai. Aiuta a crescere anche e soprattutto come comunità cristiana. «Da 13 anni si è formato un gruppo di persone, provenienti da diversi ambiti, che ha tentato e sta tentando di animare l’ambito pastorale della carità – racconta il parroco di Sant’Anna, don Giorgio De Checchi –  L’obiettivo che è maturato poco a poco nella nostra parrocchia è quello di passare dall’esclusiva dar risposta ai problemi concreti e contingenti, all’animare e offrire possibilità di formazione affinché la comunità tutta possa sentirsi attenta alla dimensione della carità».

Stile fondamentale e maturato dai volontari è il porsi accanto a chi è in difficoltà come compagni di strada e condividere il più possibile i passi fatti con la comunità. «Siamo molto attivi assieme al duomo di Piove nel Centro di ascolto vicariale: accogliamo le necessità delle persone, oltre a fornire di pacchi di vestiario e aiuto economico. L’ascolto è l’esperienza più bella fatta e avuta nella comunità, non pubblicizzata, ma dipanata in una compagnia che si è fatta annuncio: condividendo le fatiche di tanti che ci hanno avvicinato, italiani e da paesi lontani, abbiamo vissuto e viviamo un’esperienza di prossimità, non sempre facile. Quest’attenzione si è allargata ad animare alcune liturgie durante l’anno con l’obiettivo di sensibilizzare e pregare per situazioni di fatica e raccogliere la disponibilità di persone e di generi alimentari».

 

chiave   La chiave dell’aiutare nel rispetto

L’incontro tra etnie diverse è la costante della realtà comunitaria di Sant’Anna. «Stiamo accanto e ci proponiamo nella comprensione e consapevolezza che l’essere vicino a situazioni di dolore e povertà, incontrare culture differenti e modalità diverse di risposta, non è semplice, implica anche una fatica: il tentare di aiutare nel rispetto. Questo muove un interessante e non sempre facile dibattito».

Evento-segno ne è la festa dei popoli, chiamata anche “Sant’Anna senza frontiere” che si rinnova di anno in anno. «L’obiettivo – spiega il parroco – è creare un’occasione per stare assieme e condividere un momento di convivialità. Tanti gruppi stranieri fanno riferimento al nostro quartiere, marocchini, algerini, moldavi, albanesi, serbi, croati. Il gruppo cinese fa più riferimento all’utilizzo degli spazi e dei campi da gioco: è un gruppo di faticoso a lasciarsi coinvolgere. Ma l’attenzione all’accoglienza e alla carità ci porta a chiederci il perché di questi incontri nel nostro centro parrocchiale e a conoscere le diverse realtà. Dall’essere attenti alle necessità del fratello nasce l’importanza di aprirsi culturalmente. Noi in primis».

Da qui la spinta a promuovere incontri di conoscenza: ne sono stati fatti due sul Corano quest’anno, in collaborazione con il gruppo islamico-marocchino presente in parrocchia.

«Ogni domenica diamo ospitalità per il loro momento formativo e spirituale a un gruppo interconfessionale originario della Nigeria: al suo interno ci sono una trentina di persone tra cattolici, pentecostali, carismatici, evangelici, uniti dall’appartenenza allo stesso paese natale. Anche con loro viviamo diversi incontri di condivisione e scambio e la cosa singolare è che lo sentiamo davvero come un gruppo “ordinario” dentro la nostra pastorale: pur avendo necessità di sempre più stanze, vista l’organizzazione anche logistica del cammino di iniziazione cristiana, le catechiste sono davvero attente a mantenere “intoccato” lo spazio per questo gruppo!».

 

chiave   La chiave del farsi domande

In un quartiere che ha come carta d’identità la differenza e varietà etnica, la comunità parrocchiale di Sant’Anna è luogo davvero di riferimento: ambiente accogliente che diventa “casa comune” per quanti devono vivere momenti importanti anche di famiglia. «Si tengono incontri e feste anche per persone di religione islamica e abbiamo qui celebrato diversi matrimoni nigeriani o africani».

Un dibattito diverse volte affrontato anche in consiglio pastorale. «Ci chiediamo spesso perché aprire i nostri spazi – sottolinea don Giorgio – e la domanda viene anche dalla fatica concreta di trattare con i ragazzi stranieri e modalità non sempre “ortodosse” di gestione degli spazi e loro utilizzo, di confrontarci con abitudini e stili diversi. Non abbiamo trovato risposte ma un ideale che ci muove e sul quale ci sentiamo uniti: essere una comunità accogliente, capace di andare oltre la semplice ospitalità per vivere la dimensione di prossimità e vicinanza. Stiamo tentando di costruire il quartiere per il futuro».

Un quartiere spesso ghettizzato. «Facile considerarlo come zona in cui “imbucare” ulteriori stranieri: questa presenza da alcuni è sentita come un handicap, da altri ricchezza. Carità è un cammino da fare insieme e che mette in risalto che tipo di comunità ho, vivo, comunico e che futuro desidero per me i nostri figli».

 

chiave   La chiave della concretezza

La carità chiede gesti concreti e guarda anche oltre confine. Ecco allora l’impegno sul fronte della raccolta fondi per sostenere progetti missionari in Brasile, Thailandia, negli ospedali in Africa gestiti dal Cuamm. «Grande è la sensibilità e la risposta in questo senso da parte delle “nostre” comunità».

Sì perché Sant’Anna è in unità pastorale con il Duomo di Piove, Madonna delle Grazie  e Tognana. «Quest’approccio alla carità si vede valorizzato e viene sentito come bella possibilità nella catechesi, gruppi e associazioni: facciamo incontri, ci raccontiamo, portiamo testimonianze e condividiamo cammini. Certo l’impegno sul fronte vicariale nel Centro di ascolto, in un certo senso ha tolto “forze” alla Caritas parrocchiale, ma per un bene più grande, dove insieme si vive e costruisce la carità».

Ma l’impegno non si ferma e si aprono nuove prospettive di servizio. «C’è tanto da fare e si sente la fatica ma siamo ancora capaci di leggere i bisogni del nostro territorio – conclude don Giorgio – Sentiamo come importante e da prenderci a cuore la dimensione dell’accompagnare le persone anziane: come segno di carità del Giubileo della misericordia il desiderio è costituire un gruppo di persone che possa mettersi a disposizione per incontrare anziani soli e malati».

Claudia Belleffi

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